In questo articolo
Mutismo selettivo
A casa parla come una macchinetta, ma a scuola o davanti ad altri adulti fa scena muta. Può sembrare timidezza o un atteggiamento molto riservato da parte del bambino, ma se la tendenza a non parlare fuori di casa è continuativa, si può trattare di mutismo selettivo, un disturbo ansioso dell’età infantile che denota una incapacità del bambino a parlare in alcune situazioni. Cerchiamo di capire, anche con l'aiuto della psicologa, quali sono le cause del mutismo selettivo e le eventuali terapie da mettere in atto.
Cos'è il mutismo selettivo
La psicologa Emmanuella Ameruoso spiega che innanzitutto va fatta una distinzione tra autismo e mutismo selettivo e, anche se son presenti alcune analogie, in realtà sono due cose differenti.
- L'autismo è una patologia psichiatrica infantile che riguarda tendenzialmente gli aspetti relazionali: il bambino non ha sviluppato la capacità di interagire col mondo circostante e per questo non manifesta nessun genere di comunicazione sia con i propri genitori che con gli estranei. Il suo mondo interiore è il proprio punto di riferimento come unico possibile e col quale genericamente comunica: l'autismo mutacico, è uno stadio dello sviluppo ancor più arretrato del bambino che parla o emette suoni.
- Il mutismo selettivo è l'assenza di comunicazione da parte del piccolo in particolari contesti e deriva tendenzialmente da fobie specifiche. L'assenza di linguaggio e dell'interazione con gli altri sono, quindi, delle componenti comuni ad entrambe le patologie con caratteristiche di particolare gravità legate prevalentemente all'autismo.
I primi sintomi di mutismo selettivo si manifestano molto presto fra il primo e il terzo anno d'età. Inizialmente viene associato a un carattere molto chiuso e timido, ignorando il significato dei primi segnali. Spesso viene diagnosticato quando inizia la scuola e si attende dal bambino una certa disinvoltura di linguaggio.
I bambini che soffrono di mutismo sono capaci di parlare in modo corretto e appropriato nelle situazioni che li fanno sentire a proprio agio, come può essere a casa loro, con i genitori o con altri adulti con i quali hanno confidenza. E' fuori dalle mura domestiche che sorgono le difficoltà: ad esempio al parco con bambini che non conoscono, in casa di altre persone, ma anche a scuola. La frequenza quotidiana della classe, delle maestre e dei compagni dovrebbe creare un rapporto di confidenza ma questo non sempre accade. Si tratta di un blocco emotivo che assale il bambino senza che sia accaduto alcun evento traumatico in precedenza.
Questa variante di mutismo infantile fu in un primo tempo definita "elettiva": lo psicologo Martin Tramer, che elaborò la terminologia nel 1934, era infatti arrivato alla conclusione che quei contesti o quelle persone che arrivavano a scaturire nel soggetto la forma di afonia in questione fossero in qualche modo "eletti", ovvero determinati dal paziente stesso, con un atto lucido e cosciente di volontà. Invece, quello che è dunque stato inizialmente considerato come una sorta di ostinazione – adottata magari per attirare l'attenzione su di sé – si è rivelato in seguito un disturbo vero e proprio che il paziente non solo non decide, ma che subisce al 100%: la consapevolezza nel realizzare il soggetto inteso come vittima ha determinato la correzione della definizione di questo mutismo, che da "elettivo" è diventato quindi "selettivo".
Sintomi del mutismo selettivo
La dottoressa Ameruoso spiega che secondo il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV-R) il mutismo selettivo o elettivo si manifesta con i seguenti sintomi:
- Il bambino non parla in determinati situazioni tra cui la scuola o in occasioni sociali;
- Parla laddove si sente a proprio agio come in famiglia o a casa (qualche volta il comportamento è presente anche in questi frangenti);
- Il mutismo dura da almeno un mese;
- L’incapacità del bambino a parlare interferisce con la sua capacità di funzionare a scuola o durante le attività sociali;
- Non vi è presenza di altri disturbi (schizofrenia, autismo, ritardo mentale o disturbi della comunicazione).
È chiaro che la difficoltà del bambino è motivata da una reale incapacità a comunicare poiché sopraffatto da un’ansia che “toglie letteralmente la parola”, per questo è associata alla fobia sociale il cui livello di gravità è il più alto.
Capita che, in situazioni in cui comunemente tutti i coetanei sono abbastanza spontanei, lui abbia un blocco emotivo che lo immobilizza fino a restare “senza voce”.
La fobia sociale è una paura specifica legata a situazioni in cui deve esibirsi, ma tale difficoltà persiste anche quando non gli viene richiesto di farlo, nel senso che si sente continuamente “sotto i riflettori” pur non essendolo. Il mutismo selettivo compare tra il 1 e i 3 anni d’età periodo nel quale il piccolo sviluppa le capacità comunicative ma che utilizza parzialmente in quanto le caratteristiche di timidezza e di riservatezza sono preminenti. Ed ecco che una volta a scuola risultano più manifeste, favorendo una preoccupazione non indifferente nei genitori che vengono informati tramite le insegnanti.
Cosa accade?
Spesso i bambini inventano un modo di comunicare sostitutivo alla parola che utilizza gesti e segnali. E’ il loro desiderio di parlare che li spinge a trovare soluzioni alternative, pur non dimenticando che loro vorrebbero sentirsi meno a disagio. La risposta dell’adulto alle strategie sostitutive del linguaggio non deve essere autoritaria: proibire dei gesti o forzare l’uso delle parole è la strategia sbagliata, che rischia di peggiorare la situazione.
Mutismo selettivo, come intervenire
In ogni situazione quotidiana si dovrebbe tenere sempre presente che i bambini hanno bisogno di rinforzare la loro autostima. Si trovano validi manuali sul tema, scritti pensando al compito del genitore, che propongono esercizi mirati. Alcuni dei consigli suggeriscono di utilizzare rinforzi positivi per premiare i tentativi del bambino di superare la sua difficoltà. Si tratta di un piccolo premio come un adesivo, una matita o un premio simbolico come scegliere il menu serale. L’importante è non forzare mai il bambino a parlare, non punirlo se si chiude e nemmeno sottolineare questa sua difficoltà.
Mutismo selettivo, terapia
La dottoressa Ameruoso spiega che il mutismo selettivo non sempre viene riconosciuto come tale poiché i casi sono rarissimi e per questo la diagnosi può risultare non corretta.
In ambito scolastico l’indicazione più idonea è proprio quella di eseguire un piano di intervento individualizzato soprattutto se il bambino riesce a progredire a livello di apprendimento ma ha difficoltà ad interagire verbalmente. Tale percorso gli permetterà di favorire il suo inserimento diminuendo la sua ansia e incoraggiando la sua crescita. In famiglia, l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di aiutarlo nella sua evoluzione evitando il più possibile le punizioni, le pressioni e le richieste esplicite di “comunicare” contro la sua volontà.
È importante permettergli di sentirsi a proprio agio sia in casa che fuori, “accettando” il suo mutismo e standogli vicino nelle situazioni più difficili da gestire come supportarlo, coccolarlo, sorridergli e parlargli con dolcezza e calma. Qualsiasi tipo di difficoltà può essere superata se riconosciuta in tempo, per cui è fondamentale che ci sia comprensione ed empatia nei confronti dei suoi vissuti e delle sue fragilità.
Il trattamento del mutismo selettivo deve essere finalizzato a migliorare lo stato emotivo del bambino: ridurre l’ansia, aumentare l’autostima, sentirsi a proprio agio anche fuori dalle mura domestiche. I genitori in questo percorso possono fare molto per sostenere il proprio figlio.
Mutismo selettivo a scuola
Per aiutare il bambino a sentirsi a suo agio a scuola si può provare un approccio simile a quello dell’inserimento nella materna. D’accordo con gli insegnanti, il genitore accompagna il bambino in classe quando ancora è vuota, gli tiene compagnia finché arrivano i primi compagni e successivamente l’insegnante. Durante l’attesa il genitore parla con il bambino, aiutandolo con il suo conforto a mantenere la tranquillità che gli permette di parlare.
L’esercizio di familiarizzare con un ambiente estraneo può essere ripetuto anche in altri ambienti: ad esempio al parco, dove potrebbe incontrare i compagni e imparare a frequentarli con calma. Il gioco è uno strumento utile al compito del genitore per rilassare il bambino, permettendogli di fare esperienze positive.