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Covid-19: chiudere le scuole per un altro anno avrà ripercussioni sulle generazioni future

di Redazione PianetaMamma - 13.01.2021 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Nonostante le tante evidenze sull’impatto della chiusura delle scuole sui bambini e nonostante le sempre maggiori evidenze secondo cui le scuole non sono luoghi di diffusione della pandemia, troppi paesi hanno optato per tenerle chiuse, alcuni per quasi un anno.

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Stiamo per fare il giro di boa: ci stiamo avvicinando alla fine del primo anno di pandemia da COVID-19 e i casi, nel mondo, continuano a crescere. Le scuole invece, in molte realtà sono state le prime ad essere chiuse, per questo Unicef chiede che venga fatto tutto il possibile per tenere le scuole aperte o renderle prioritarie nei piani di riapertura. Nonostante le tante evidenze sull'impatto della chiusura delle scuole sui bambini e nonostante le sempre maggiori evidenze secondo cui le scuole non sono luoghi di diffusione della pandemia, troppi paesi hanno optato per tenerle chiuse, alcuni per quasi un anno. 

Il costo della chiusura delle scuole – che al picco dei lockdown causati dalla pandemia hanno colpito il 90% degli studenti nel mondo e lasciato più di un terzo degli studenti senza accesso all'istruzione da remoto – è stato devastante. Si prevede un aumento del numero dei bambini fuori dalle scuole di 24 milioni, raggiungendo un livello che non si vedeva da anni e che è stato difficile da sormontare.

I rischi delle scuole chiuse

Sono state colpite le capacità dei bambini di leggere, scrivere e fare le operazioni aritmetiche di base e le competenze di cui avranno bisogno per prosperare nell'economia del 21° secolo sono diminuite. La loro salute, lo sviluppo, la sicurezza e il benessere sono a rischio. I più vulnerabili tra loro ne pagheranno il costo maggiore. 

Senza pasti scolastici, i bambini sono affamati e la loro nutrizione sta peggiorando.

Senza interazioni quotidiane con i loro coetanei e la riduzione della mobilità, perdono benessere fisico e mostrano segnali di stress.

Senza la rete di protezione che le scuole spesso forniscono, sono più vulnerabili ad abusi, matrimoni precoci e lavoro minorile.

Per questo la chiusura delle scuole deve essere una misura di ultima istanza, dopo aver considerato tutte le altre opzioni.

Fare un'indagine sui rischi di contagio a livello locale dovrebbe essere un fattore determinante nella decisione sulle attività scolastiche. Le chiusure a livello nazionale devono essere evitate ogni qualvolta sia possibile. Dove ci sono più alti livelli di contagio a livello comunitario, dove i sistemi sanitari sono sotto estrema pressione e dove la chiusura delle scuole è ritenuta inevitabile, devono essere messe in atto misure di salvaguardia. Queste includono: assicurare che i bambini che sono a rischio di violenza a casa, che dipendono dai pasti scolastici e i cui genitori sono svolgono lavori essenziali, possano continuare ad andare a scuola. 

In caso di lockdown, le scuole devono essere tra le prime a riaprire una volta che le autorità iniziano ad  alleggerire le restrizioni. Le lezioni di recupero dovrebbero essere prioritarie per assicurare che i bambini che non hanno avuto accesso all'apprendimento da remoto non siano lasciati indietro. Se i bambini affronteranno un altro anno di chiusura delle scuole, gli effetti si faranno sentire sulle generazioni future."   

Covid-19, scuola e situazione italiana

"Quella che stiamo attraversando è una crisi senza precedenti che produce disuguaglianze nelle opportunità di crescita e apprendimento dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, soprattutto quelli con maggiori vulnerabilità. La scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma è anche uno spazio in cui bambini e giovani interagiscono, imparano a socializzare e hanno l'opportunità di confrontarsi. Come UNICEF Italia chiediamo che la scuola sia messa al centro delle scelte politiche di questa emergenza e che il diritto all'istruzione di qualità per tutti rimanga un obiettivo strategico per non compromettere la vita delle future generazioni. Proprio in quest'ottica, oggi, si terrà il corso di formazione online "Scuola Amica UNICEF: come realizzare ascolto e partecipazione nella Scuola che stiamo vivendo" a cui hanno aderito 570 persone tra insegnanti, personale e dirigenti scolastici, realizzato nell'ambito del Programma UNICEF e Ministero dell'Istruzione 'Scuola Amica delle bambine, dei bambini e degli adolescenti'" - ha dichiarato Carmela Pace, Presidente dell'UNICEF Italia. 

Scuola e Covid: che cosa ne pensano i ragazzi

 

Per i ragazzi invece, la voglia di tornare alla normalità è tanta.

Secondo un'indagine di SOS Villaggi dei Bambini con IPSOS ecco come vedono gli studenti e i loro genitori il ritorno a scuola, seppur con tutti i limiti del caso:

  • 9 genitori su 10 dichiarano che il proprio figlio era molto (53%) o abbastanza (37%) contento di rientrare a scuola, indipendentemente dal ciclo di studi o classe frequentata.
  • 1 genitore su 2 parla di "entusiasmo" come stato d'animo prevalente nei figli che hanno affrontato il rientro a scuola.
  • più di 7 genitori su 10 ritengono che il proprio figlio si senta molto (14%) o abbastanza (62%) sicuro a scuola
  • Tra quelli che invece ritengono che il proprio figlio non si senta abbastanza sicuro (1 su 4), il 55% attribuiscono l'insicurezza alla paura che i compagni non rispettino le misure precauzionali (soprattutto nelle scuole medie), il
  • 27% lamenta misure di prevenzione e, in generale, di organizzazione poco chiare (specie nella scuola primaria) e il restante 18% crede che il proprio figlio tema di non poter rispettare le misure previste (soprattutto in prima e seconda elementare).
  • 7 genitori su 10 pensano che i propri figli siano disposti a rispettare le regole con entusiasmo

Tra le cose che più infastidiscono i ragazzi rispetto alle limitazioni Covid c'è l'impossibilità di fare uscite e gite scolastiche, soprattutto alla scuola primaria e secondaria(67%). Ma anche il distanziamento sociale (63%), il non poter scambiare oggetti coi compagni (58%), l'uso delle mascherine (52%) sono abitudini necessarie entrate nel radar degli studenti intervistati. Nessun imbarazzo invece davanti all'uso del gel disinfettante, agli ingressi e uscite scaglionati per evitare assembramenti davanti agli istituti e alla misurazione della febbre. 

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