La carie dentale è ancor oggi una delle patologie cronico degenerative a più elevata prevalenza in quasi tutti i paesi del mondo. L’impiego del fluoro quale agente cariostatico ha radici lontane nel tempo. Fu il Dr. Dean nel 1942 a mettere in evidenza come l'assunzione di fluoro in fase pre-eruttiva (LEGGI) dava origine ad uno smalto con struttura più resistente agli acidi.
Da allora gli studi che si sono occupati dell'argomento sono stati innumerevoli, molti volti a dimostrate l’efficacia dell’elemento nella prevenzione della carie, ma molti altri a cercare di sconsigliarne l’uso per non incorrere nella fluorosi, ovvero l’effetto dell’assunzione a lungo termine di un eccessivo quantitativo di fluoro durante la fase di amelogenesi (produzione dello smalto dei denti) nei denti permanenti (2-3 anni). Infatti, la prolungata assunzione di fluoro può colpire le ossa, tant’è che affligge ancora oggi l’80% dei bambini in età scolare. Quindi, cari genitori, prima di effettuare la fluoroprofilassi ai vostri bambini, pensateci bene.
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I danni della fluorosi dentaria
Esistono pochi studi scientifici condotti sugli integratori di fluoro e tutti dimostrano che l’effetto di questi supplementi sulla prevenzione delle carie è decisamente blando. Non solo… In realtà, la scienza ha anche riscontrato svariati effetti negativi dovuti a un’eccessiva somministrazione di fluoro sulla salute dell’uomo. Tuttavia, molti pediatri e dentisti consigliano ancora la fluoroprofilassi (compressine o gocce) per i bambini di pochi mesi. Il punto è che l’integrazione di fluoro può essere dannosa.
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La fluorosi dentaria è in aumento soprattutto tra la popolazione che fa uso di integratori a base di fluoro. Di fatto, si manifesta con lo scolorimento dello smalto dei denti. I denti appaiono screziati, macchiati, puntinati, decolorati, ecc. Così, lo smalto saturato di fluoro è più vulnerabile all’attrito e all’erosione.
Inoltre, i danni da fluoro non si manifestano solo a livello dei denti, ma anche delle ossa e di altri tessuti umani. Il fluoro ha effetti negativi anche sul sistema nervoso centrale e determina alterazioni comportamentali e deficit cognitivi.
Curiosità: gli abitanti dell’antica Ercolano soffrivano di fluorosi scheletrica, come quelli di oggi.
Grazie a un’indagine multidisciplinare i ricercatori dell’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Consiglio nazionale delle ricerche di Portici (Imcb-Cnr) e dell’Università Federico II di Napoli hanno dimostrato come questa patologia metabolica delle ossa e delle articolazioni sia endemica dell’area vesuviana.
Lo studio, pubblicato sulla rivista «PLoSONE» (Public Library of Science), è coordinato da Pier Paolo Petrone del Museo di antropologia dell’Università Federico II, con Michele Giordano dell’Imcb-Cnr, Fabio Guarino e Stefano Giustino del Dipartimento di biologia strutturale e funzionale dell’Università.
All’origine della malattia invalidante, che colpisce decine di milioni di persone soprattutto in Africa, in India e in Cina, vi è l’alta concentrazione naturale di fluoro nelle acque e nel suolo, tipica delle aree vulcaniche.
La ricerca ne rileva e descrive le caratteristiche nelle vittime dell’eruzione del 79 d.C., dopo aver passato in rassegna 76 scheletri appartenuti a una popolazione di età da 0 a 52 anni.
“Dall’esame delle peculiarità morfologiche, radiologiche, istologiche, chimiche, scheletriche e dentarie si è constatato un aumento significativo della concentrazione di fluoro con l’età e un correlato grado di lesione della colonna vertebrale e di altri distretti articolari” spiega Michele Giordano dell’Imcb-Cnr.
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“Per la determinazione del fluoro negli scheletri è stata adottata l’analisi di attivazione neutronica strumentale (Inaa). Una tecnica complessa, utilizzata presso lo University of Missouri Research Reactor, che ha rivelato livelli di fluoro da 2.000 a 11.300 ppm (parte per milione), indicativi dell’avvelenamento intra-vitam. I valori di fluoro più alti, maggiori di 9.000 ppm, si osservano negli adulti sopra i 40 anni, che rivelano una fase patologica molto grave, paralizzante, come quella osservata tuttora nelle regioni endemiche”.
Questi livelli sono a tutt’oggi presenti ed attivi, come risulta da test clinico-epidemiologici su un campione di bambini in età scolare dei comuni vesuviani, “
che ha rivelato l’80% di fluorosi dentaria e caratteristiche cliniche di portata epidemica, quali dolori articolari, dermopatie, ipertiroidismo e contenuto di fluoro nel sangue superiore ai valori massimi raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità
”, come conclude Pier Paolo Petrone.
“
La comparazione dunque mostra per le popolazioni vesuviane un rischio permanente, non sempre valutato, anche perché le fasi iniziali della malattia sono mal diagnosticate
”.
Per ulteriori informazioni:
http://www.compagniairis.it/iris/bambini/fluorosi.asp?m=bambini&sub=bBYes
http://www.dottorperuginibilli.it/index.php/non-date-integratori-di-fluoro-ai-vostri-figli-
http://www.apeg.it/apeg/Iniziative_APeG/Odontoiatria/Fluoroprofilassi.htm
Silvia Casini