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Iperattività infantile
Uno dei quadri clinici più diffusi in infanzia è la sindrome di iperattività infantile.
Si tratta di una condizione molto più diffusa nei maschi che nelle femmine, sebbene il suo esordio sia collocabile intorno ai due-tre anni, e manifesta la sua massima incidenza in età scolare.
Ciò si deve a due motivi: in primo luogo perché le difficoltà di attenzione hanno ripercussioni sulle capacità di apprendimento e l’iperattività dirompente, mista a comportamenti impulsivi e talvolta aggressivi, crea spesso problematiche relazionali con i coetanei. Un’altra evidenza che colloca l’incidenza del disturbo in questa fascia d’età è data dalle difficoltà di gestione di questi bambini da parte degli insegnanti.
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Infatti nel caso della presenza di questo disturbo non si tratta di bambini vivaci, ma di soggetti quasi “motorizzati” che creano continuamente disturbo in classe al punto da rendere lo svolgimento delle attività scolastiche molto faticoso sia per sè stessi che per gli altri. Il disturbo in realtà non si manifesta solo a scuola, ma riguarda una varietà di contesti, incluso quello domestico. Si tratta sostanzialmente di bambini che manifestano l’iperattività quasi come un tratto caratteriale che li contraddistingue.
Iperattività infantile cause
Inizialmente si credeva che l’origine di questo disturbo fosse organica: infatti si riteneva erroneamente che alla base vi fosse un difetto cerebrale. Oggi ciò è stato smentito, ma resta valida la teoria che giochi un ruolo chiave una forte predisposizione genetica. Secondo alcuni studi ci sarebbe un'anomalia nei livelli di noradrenalina, un neurotrasmettitore a carattere attivatore, ed una carenza di dopamina, un neurotrasmettitore a carattere inibitorio. Quindi è come se nel cervello di questi bambini vi fosse una disregolazione delle influenze inibitorie dell’attività della corteccia frontale ed una bassa attivazione della corteccia pre-frontale, deputata alla pianificazione dell’azione, che spiegherebbe i sintomi di impulsività.
Iperattività infantile rimedi
Sulla base di queste evidenze scientifiche la maggior parte di questi bambini sono seguiti dal neuropsichiatra e trattati farmacologicamente. Questo avviene perché il disturbo ipercinetico tende ad essere una sindrome che si protrae nel corso della vita e che rischia di stabilizzarsi, ponendo future problematiche di apprendimento, sia perché è correlato positivamente con lo sviluppo di alcuni disturbi riconducibili al controllo degli impulsi e a problematiche connesse al rendimento scolastico e alla socializzazione. Avviene spesso infatti che questi bambini, che non rispettano le regole nel gioco e che ad esempio sono prepotenti o rompono i giocattoli degli altri, siano conseguentemente mal visti come compagni di gioco e vengano isolati.
In realtà non tutti i tipi di trattamento prevedono la somministrazione di farmaci psicoattivi su individui in crescita ed in età così tenera. Infatti se è vero che le determinanti costituzionali sono state accertate in questo e in altri disturbi infantili è anche importante considerare il contesto all’interno del quale i sintomi si sviluppano. L’ambiente ha infatti la capacità di minimizzare o al contrario di esacerbare alcune caratteristiche presenti nel patrimonio genetico degli individui.
La spiegazione psicologica di questo disturbo, senza negare le evidenze neurobiologiche, lo riconduce ad una strategia sviluppata fin dalla prima infanzia per ricevere l’attenzione da parte di coloro che si occupano del bambino. Non è un caso che molto spesso questi bambini molto agitati abbiano, a partire dai tre o quattro anni di età, un’agenda degli impegni paragonabile a quella dei propri genitori. Sono bambini che spesso svolgono molte attività e trascorrono poco tempo in casa, perché i genitori sono al lavoro e non si possono occupare di loro.
Accade quindi che questa strategia appresa nel contesto familiare venga applicata anche agli altri contesti, rappresentando uno stile relazionale tipico per quel soggetto. E’ in ogni caso necessario che la scelta sul tipo di terapia di questi disordini comportamentali sia ben ponderata: infatti, così come è importante non correre il rischio di sottovalutare le conseguenze di comportamento stabilmente incontenibile e dirompente, allo stesso modo non bisogna sempre medicalizzare situazioni che possono essere attribuite ad una vivacità caratteriale molto più gestibile di ciò che sembra e ad una disattenzione, che in realtà non è assenza di attenzione, ma un essere orientati a qualcos’altro piuttosto che alle attività scolastiche, che cattura quell’attenzione di cui viene lamentata la mancanza.