Come si induce il parto
Al termine dei nove mesi di gravidanza, solitamente si partorisce naturalmente: le pareti uterine incominciano a contrarsi ritmicamente sotto l'effetto degli ormoni e inizia così il travaglio che porta alla nascita del bambino. Quando però la gestazione supera la quarantunesima settimana si parla di gravidanza oltre termine. In questo caso si ricorre all'induzione del parto, pratica usata anche se insorgono complicanze di vario tipo come la rottura anticipata delle acque o anomalie placentali.
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Cosa s’intende per parto indotto e quando viene fatto
Il parto viene indotto in Italia in circa il 20-25% delle gravidanze. Consiste in alcune particolari tecniche farmacologiche per provocare le contrazioni uterine e dare così avvio al travaglio. Nel caso della rottura prematura delle acque, il parto deve essere indotto perché se i travaglio non ha inizio entro poche ore, sia la madre che il feto corrono seri rischi d'infezione. Il liquido amniotico svolge infatti un'importante funzione difensiva nei confronti di numerosi agenti patogeni. L'induzione viene consigliata anche in caso di:
- Oligoidramnios, consistente nella scarsità di liquido amniotico all'interno della placenta
- Distacco placentale
- Gravi infezioni amniotiche
- Invecchiamento della placenta
- Pre-eclampsia
- Ritardo dell'accrescimento fetale
- Diabete gestazionale
Quali condizioni richiede un parto indotto e com’è il travaglio
La dottoressa Sarah Moretti Montefusco, ginecologa in Humanitas San Pio X spiega che l'induzione al parto "richiede il ricovero della partoriente in ambiente ospedaliero". La procedura può durare anche 72 ore, ma una volta che questa è avviata il travaglio si svolge regolarmente. Non c'è alcuna differenza tra travaglio da induzione e quello spontaneo, il dolore dell'attività contrattile è identico in entrambi i casi. Anche se indotto, si può inoltre procedere con l'anestesia epidurale, alle volte usata proprio come strumento per far rilassare maggiormente il collo dell'utero.
Modalità d’esecuzione del parto indotto
Per poter procedere con il parto indotto, il ginecologo deve prima valutare il rapporto rischio/beneficio sia per la madre che per il feto.
Esistono varie procedure, le principali tecniche sono:
- Scollamento delle membrane. Si tratta di un procedimento manuale realizzato dal ginecologo (oppure dall'ostetrica) che consiste nella separazione del sacco amniotico dalle pareti dell'utero
- Induzione della dilatazione cervicale. Viene effettuata tramite l'assunzione da parte della gestante di prostaglandine sintetiche che possono essere introdotte per via topica in vagina oppure per via sistemica mediante compresse. Alternativamente è possibile procedere manualmente servendosi di un dilatatore meccanico, come il catetere di Foley
- È una procedura fisica che prevede la rottura volontaria delle acque, effettuata dal ginecologo mediante un apposito gancio di plastica in grado di incidere il sacco amniotico. Si può effettuare soltanto se il collo uterino mostra una notevole dilatazione, o comunque tale da consentire il passaggio dello strumento
- Somministrazione endovenosa di ossitocina. È un composto del tutto simile alla molecola ormonale che viene prodotta naturalmente dall'organismo. Il suo ruolo è quello di indurre le contrazioni delle pareti dell'utero.
I rischi collegati al parto indotto
L'induzione al parto non è esente da rischi e, nel caso in cui non si riesca a provocare il travaglio, è necessario procedere con il taglio cesareo. Il parto indotto può inoltre causare la nascita prematura del bambino con possibili disturbi respiratori, oppure il rallentamento del battito cardiaco nel feto. Può portare anche infezioni al neonato, prolasso del cordone ombelicale con suo schiacciamento e diminuita ossigenazione al feto ed emorragia post-partum provocata dall'atonia uterina.
L'attuazione del parto indotto è sconsigliata in caso di placenta previa, posizionamento trasversale del feto, l'insorgenza di Herpes Simplex genitale e un canale cervicale sottodimensionato che ostacola il passaggio del bambino. È inoltre controindicata se si è già state sottoposte a taglio cesareo in precedenza o a un intervento chirurgico all'utero. La maggior parte dei parti indotti non richiede altri interventi e sono solo il 20% i casi in cui la pratica non va a buon fine, richiedendo un taglio cesareo.
In circa un 15% delle induzioni al parto, è invece necessario l'uso di forcipe o ventosa.