Home Gravidanza Gravidanza a rischio

Negare la gravidanza: non volere o non capire di essere incinte

di Redazione PianetaMamma - 29.09.2014 Scrivici

negare-la-gravidanza-non-volere-o-non-capire-di-essere-incinte
Alcune donne una volta avuto la conferma di essere incinta non vogliono ammettere o capire il loro nuovo stato. Vediamo a cosa può essere dovuta questa negazione della gravidanza

NEGARE GRAVIDANZA - La donna non ammette o non capisce di essere incinta. Questo stato può durare pochi mesi o arrivare, addirittura, fino al giorno del parto e, nei casi più gravi, può portare all’infanticidio o all’abbandono. E' una conseguenza, spesso, nelle vittime di violenza, traumi, stupro. Esistono molti processi psichici e psicologici femminili che sono connessi in maniera differente alla gestazione.

Un fenomeno generalmente poco conosciuto e per lo più “sommerso” è però la negazione della gravidanzaNella negazione di gravidanza, a differenza per esempio della depressione post partum, la donna non riconosce (oppure non vuole riconoscere) i sintomi della gestazione, decidendo di comportarsi come se tutto fosse normale.

Questi delicati processi psicologici portano le donne a non preoccuparsi della propria alimentazione durante i fatidici nove mesi, e, cosa ancora più grave, a non smettere di fumare, bere ed in generale a non attuare le fondamentali cure prenatali di base.

La negazione può durare pochi mesi o arrivare, addirittura, fino al giorno del parto. Proprio a causa della negazione della gravidanza, il parto viene percepito in maniera più traumatica del normale e, non di rado, la nascita di un bambino “negato” culmina con l’infanticidio o l’abbandono.

Esistono diversi tipi di negazione: quella “totale” in cui mancano addirittura tutti i segnali fisici collegabili alla nascita di un bambino, come il pancione; e quella “parziale”, che comunque può condurre ad episodi post-natali gravissimi, mettendo a rischio la vita del bimbo e della madre. Alcuni studiosi francesi hanno deciso di studiare questo preoccupante fenomeno. Il monitoraggio é durato sette anni ed ha preso a campione 2.550 donne in cura presso i reparto maternità di Denain e Valenciennes.

Come riportato da Donna Moderna: “Gli autori hanno osservato e descritto 56 casi di negazione di gravidanza, di cui 29 casi di ‘negazione totale’ (con 6 decessi di neonati), durata fino al momento del parto.

Caratteristica essenziale del diniego: il corpo non presenta sintomi di gravidanza (non c’è il pancione, per intenderci) e le donne non avvertono i movimenti del piccolo nel loro addome.”

In aggiunta, va notato come la donna di frequente venga abbandonata a sé stessa sia dal partner che dai familiari che non si accorgono della situazione oppure si accontentano delle giustificazioni negazioniste della gestante.

L’assenza di mestruazioni può essere attribuita a periodi irregolari, oppure possono esservi dei sanguinamenti, in gravidanza, che possono far pensare alle mestruazioni. Il partner della donna o i suoi familiari non riconoscono anch’essi lo stato di gravidanza, oppure colludono con la gestante nella sua negazione". Spesso gli stessi medici cadono in errore e attribuiscono i segni della gravidanza ad altre patologie.

Gli studiosi hanno messo in luce i problemi psicologici collegati a questi eventi traumatici: la negazione della gravidanza spesso coincide con violenze subite durante l’infanzia o con una gestazione conseguente a uno stupro. “Quanto ai casi di ‘negazione parziale’, la maggior parte delle donne scopre di essere incinta tra il quinto e il nono mese di gravidanza. 

Si tratta comunque di un fortissimo shock, anche perché spesso il parto avviene tra i dolori e nella più estrema solitudine. Ma il dolore più grande viene forse dopo, quando ci si rende conto di come sono andate le cose e (in alcuni casi) di aver ucciso, o lasciato morire, il proprio bambino.

In quest’ottica va evidenziata l’importanza della famiglia, del partner e delle strutture sanitarie che dovrebbero individuare il problema (ma che spesso non lo fanno) garantendo la salute sia della madre che del futuro nascituro.

A cura di di Lucia D’Addezio

gpt inread-gravidanza-0

Articoli correlati

Ultimi articoli