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Epatite virale in gravidanza

di Redazione PianetaMamma - 20.02.2009 Scrivici

Le epatiti virali in gravidanza costituiscono un problema molto frequente e hanno numerose implicazioni nel campo della medicina materno-fetale. Per una donna in gravidanza è molto importante venire a conoscenza di un eventuale contatto con i virus

Le epatiti virali in gravidanza costituiscono un problema molto frequente e hanno numerose implicazioni nel campo della medicina materno-fetale. Per una donna in gravidanza è molto importante venire a conoscenza di un eventuale contatto con i virus delle epatiti A, B e C perché essi possono essere trasmessi al feto attraverso vari canali: ad esempio la barriera placentare, il canale del parto e l’allattamento (solo nel caso di epatite B e C).

Per questo è necessario che la futura mamma si sottoponga a test specifici attraverso i quali è possibile individuare i virus responsabili dell’infezione. Nei più moderni protocolli di assistenza in gravidanza è previsto un controllo dell'HbsAg, che permette di individuare il virus dell’epatite B, attraverso un esame del sangue che se risulta positivo dimostra la capacità infettiva della donna.

Questo esame va effettuato all’inizio della gravidanza e ripetuto tra la 33a e la 35a settimana di gestazione per prevenire un’eventuale trasmissione del virus al neonato durante il parto. La ricerca dell'HBsAg ha il vantaggio di individuare le madri affette da epatite B (quella più temibile dal punto di vista del rischio di trasmissione al feto), e le donne che sono portatrici sane del virus.
I virus dell’epatite B e C hanno caratteristiche molto simili tra loro e si differenziano nettamente dal virus dell’epatite A sia per quanto riguarda il decorso clinico sia per la prognosi. Se contratte durante la gravidanza le epatiti B e C possono essere molto pericolose per il feto.

La trasmissione materno-fetale può avvenire durante tutto il corso della gestazione anche se nella gran parte dei casi essa si verifica durante il parto. Le due patologie nelle donne in gravidanza si manifestano con caratteristiche cliniche non molto diverse da quelle delle donne non incinte. Circa il 10% delle pazienti non sviluppa la malattia ma diventa portatrice sana costituendo, spesso senza esserne consapevole, una fonte di contagio non solo per il feto ma anche per le persone che le stanno accanto. Il passaggio del virus attraverso la placenta può avvenire in tutte le fasi della gravidanza, anche se il rischio di contagio per il feto è particolarmente alto quando l’epatite materna si manifesta in forma acuta nell’ultimo trimestre di gravidanza.

Il virus, come già detto, può essere trasmesso al feto anche al momento del parto. Un’altra fonte di trasmissione, seppure meno frequente, può essere rappresentata dall’allattamento in quanto risulta che l'HBsAg sia presente nel latte in circa il 70% dei casi. Tuttavia perché avvenga la trasmissione per via orale il virus deve avere una carica virale molto elevata. I rischi derivanti al bambino dal contatto con il virus possono essere molto gravi: nella gran parte dei casi il bambino diventerà un portatore cronico, ma è possibile anche che sviluppi forme lievi della malattia o, nei casi più gravi (per fortuna anche rari), forme gravi di epatopatia (malattie del fegato).
C’è da dire anche che il virus B è stato associato all’insorgenza della cirrosi e del carcinoma epato-cellulare e un gravissimo rischio per il neonato è proprio quello di sviluppare questi tipi di malattie. Tutti i bambini nati da madri HBsAg positive, cioè potenzialmente infette, vengono sottoposti al trattamento preventivo con immunoglobuline e vaccino entro 12 ore dalla nascita: l’associazione del vaccino con le gammaglobuline consente di prevenire l’infezione del neonato nel 90-95% dei casi e permette alla madre di allattare il bambino senza rischi di trasmissione del virus.

Per quanto riguarda la madre la prevenzione viene fatta solo con immunoglobuline. L’epatite A in gravidanza risulta molto rara così come la possibilità che l’infezione si trasmetta al feto. Tuttavia se l’infezione materna si verifica in forma acuta nel III trimestre di gestazione risulta più alto il rischio che si verifichi un parto pretermine. Nel caso in cui anche la madre contragga l’infezione quando si avvicina il momento di partorire può determinarsi una trasmissione del virus al neonato attraverso il canale del parto. In caso di infezione la terapia prevede la somministrazione di immunoglobuline sia alla madre che al neonato e l’allattamento, se le condizioni della madre lo consentono, non è controindicato. Il decorso della malattia è analogo a quello delle donne non gravide e può comprendere febbre, astenia, artralgie e ittero mentre può avere sintomi più gravi nelle donne che presentano una condizione di malnutrizione preesistente alla malattia (è ciò che si verifica spesso nei Paesi sottosviluppati). In genere il virus dell’epatite A comporta un quadro clinico modesto nei bambini e  più grave negli adulti. Come principale misura di prevenzione contro l’epatite A i medici consigliano di sottoporsi al vaccino prima di programmare una gravidanza

 Beatrice Spinelli

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