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La depressione nelle donne: cosa succede nel rapporto di coppia e nei figli

di Emmanuella Ameruoso - 25.05.2017 Scrivici

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In che modo la depressione di una mamma coinvolge il partner e i figli? La psicologa ci parla di cosa succede in famiglia quando una madre è depressa

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Madre depressa e effetti sui figli

La depressione è una psicopatologia che si può presentare nelle donne in seguito ad una gravidanza. Molto spesso è una condizione preesistente che tende e manifestarsi al termine del periodo gestazionale. L’esordio di episodi depressivi può essere antecedente o legato a fattori di familiarità con uno dei genitori. Il cervello femminile è anche condizionato, secondo alcuni scienziati, tra cui Louann Brizendine, da fattori ormonali che inducono cambiamenti notevoli nel suo umore.

Che cos’è la depressione?

E’ un disturbo dell’umore caratterizzato da apatia, disinteresse, sensazione di vuoto, inibizione ideativo-verbale, rallentamento motorio, tristezza continua, stanchezza e mancanza di energia o cattivo umore e irritabilità, ansia. La patologia si manifesta per un periodo continuativo tanto da divenire una condizione frequente e non riguarda situazioni ‘naturali’ come un lutto, un evento spiacevole o particolarmente stressante per i quali l’umore depresso è una conseguenza normale. Il vissuto di depressione è necessario per elaborare alcune situazioni poiché ne definisce il distacco e permette di superare l’evento. In altre occasioni, invece, la condizione psicologica diviene un vero e proprio status psicologico tanto da persistere nel tempo.

Perché colpisce le donne?

Louann Brizedine (2007) sostiene una tesi neuroscientifica secondo la quale gli estrogeni, il progesterone, il testosterone, l’ossitocina, il cortisolo, la vasopressina, il dhea, l’androstenedione, l’allopregnenolone sono ormoni liberati durante le diverse fasi di crescita della donna e condizionano inevitabilmente il suo stato d’animo. La capacità di stabilire legami di amicizia profonda, l’abilità nel risolvere e quietare i conflitti come anche la maggiore abilità verbale, a differenza dei maschi, dipende dalla conformazione cerebrale. È quindi ovvio che la fase fetale, l’infanzia, la pubertà, la maturità sessuale, la gravidanza, l’allattamento, la cura dei figli, la perimenopausa, la menopausa e la postmenopausa siano fortemente legate alla presenza o meno di questi ormoni.

Più nello specifico durante la gravidanza vi è un forte aumento del progesterone e degli estrogeni e la donna è portata ad avere maggiore interesse per la casa e il mantenimento della famiglia, sviluppando meno interesse per la carriera e il successo. Questi ormoni hanno la capacità di inibire i circuiti cerebrali dello stress e di sedare il cervello.

L’allattamento al seno è caratterizzato, invece, dalla produzione di ossitocina e prolattina due ormoni che portano la donna ad essere più sensibile ponendola al servizio delle ‘cure materne’. In tale frangente, la donna ha meno interesse per la sessualità e tende a proteggere la prole. Allo stesso tempo, durante la crescita dei figli, la mamma sviluppa una maggiore preoccupazione per i piccoli e produce una maggiore attività dei circuiti cerebrali dello stress, dell’ansia e dei legami affettivi. È quindi evidente che un calo di questi ormoni produce uno scompenso psicofisico non indifferente.

In che modo è coinvolto anche il partner?

Uno dei sintomi principali della depressione è l’anedonia ossia l’incapacità da parte del soggetto di provare piacere per le attività che generalmente potrebbero essere gratificanti come dormire, mangiare, porsi in relazione e avere desiderio di intraprendere un rapporto sessuale. Ciò determina un ritiro graduale nei confronti delle attività che coinvolgono anche l’altro, il partner nelle specifico, escludendolo da contatti e approcci di tipo affettivo. Ciò induce all’indifferenza avvertita con sofferenza dal compagno che ha invece voglia di avvicinarsi e interagire. La relazione subisce quindi una grave deflessione che a lungo andare porta all’insoddisfazione e di conseguenza alla separazione.

All’inizio la situazione suscita una reazione di rabbia che poi si trasforma in accuse persistenti e pesanti a lungo andare insopportabili. È chiaro che il partner depresso tenderà a difendersi incolpando l’altro di non comprendere, ma soprattutto comunicandogli la mancanza di amore nei suoi confronti.

È così che le relazioni falliscono dato che ognuno considera sul piano personale l’accaduto senza riuscire ad essere obiettivo. Vivere con una persona con problemi di umore, convivere una persona con problemi di carattere emotivo non è semplice e a volte si rimane impigliati in dinamiche contorte dalle quale è difficile uscirne. Anche in questo caso è bene rivolgersi ad una persona competente che possa intervenire e seguire la coppia in un percorso di guarigione costruttivo e risolutivo.

Cosa succede in famiglia e nel rapporto con i bambini

La depressione non è una condizione da sottovalutare poiché nel tempo potrebbe trasformarsi in una forma grave malattia. È quindi importante parlarne e intervenire in tempo. La trasmissione intergenerazionale esplicita che il disturbo precoce in ambito infantile può essere collegato alla presenza di una psicopatologia nel caregiver ossia del genitore che si prende cura del bambino. Col tempo un umore depresso tende ad influire sulla relazione madre-bambino in maniera profonda. In effetti, succede che l’assenza di stimoli o di energia vitale che la madre trasmette privi il piccolo di affetto e soddisfazione dei bisogni primari. È ormai noto che non ha soltanto necessità di nutrirsi ma anche di avvertire il contatto che gli permette di sostenere il suo sviluppo psicologico attraverso attenzioni, scambi affettivi, eloqui, coccole e abbracci.

Se il bambino non riceve tutto questo, anche lui avvertirà assenze e mancanze sul piano affettivo e relazionale. Capita sovente che smetta di sorridere, di soddisfare i propri bisogni ponendo in primo piano quello degli altri e creando ciò che Winnicott considera il ‘falso sé’, ossia qualcosa che non corrisponde al reale modo di essere dell’individuo ma che lo stesso utilizza per rapportarsi agli altri. Il suo vivere rispecchia un senso di inutilità soggettiva, un vuoto, di non esistenza. Alcuni studi (Archives of General Psychiatry) hanno anche riferito che la depressione materna può comportare la presenza di disturbi comportamentali e antisociali nel bambino.

Se la mamma non ha la forza di alzarsi dal letto, se presenta un disturbo depressivo dopo il parto e negli anni seguenti è chiaro che l’infanzia del bambino è trascurata. A sua volta il piccolo manifesterà il suo disagio con la depressione o mettendo in atto comportamenti disturbati come espressione del suo disagio interiore.

Un bimbo con una madre depressa ha più difficoltà degli altri a relazionarsi, è più sensibile, introverso, ritroso, ride poco o per niente e difficilmente giocherà e sarà coinvolto nelle performance del gruppo-classe. Il suo stare al mondo è uno stare ‘faticoso’, con emozioni carenti e difficili da esperire, con assenza di mimica ed espressioni facciali, distante dal mondo reale e perso nel suo. La farmacoterapia, spesso utile in questi casi, può essere d’ausilio e di supporto ad un intervento psicoterapico rivolto sia alla mamma che al bambino stesso.

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