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Legge sull'aborto: come siamo messi in Italia

di valentina vanzini - 14.05.2022 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Basta una legge sull'aborto per avere la libertà di scelta? Cosa succede in Italia con la Legge 194 sull'Interruzione volontaria di Gravidanza?

Il 22 maggio del 1978, grazie all'impegno e alle lotte dei radicali appoggiati da forze sociali e laiche del Paese, finalmente l'aborto cessava di essere un reato penale contro la morale e la stirpe e diventava una scelta possibile legittima da parte della donna con la Legge 194. Oggi in Italia la donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Ma non è sempre così semplice. Non sempre basta una legge perché si possa fare davvero.

In questo articolo

Legge sull'aborto: cosa dice

"Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio": è questa la linea fondante della Legge 194 che tuttavia non va intesa come sistema di controllo delle nascite. L'obiettivo principale di questa legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell'aborto, sfruttando un'importante rete di consultori familiari.

Una donna che vuole abortire può ricorrere a due tecniche: 

  • Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico
  • Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico

Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico

L'intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

Interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico

Questo tipo di IVG rappresenta una procedura medica che si distingue in due fasi: nella prima, la donna deve assumere il mifepristone (conosciuto anche con il nome di RU486), mentre a 48 ore di distanza le viene somministrata una prostaglandina.

Il ministero della Salute il 12 agosto 2020 ha emanato una circolare di aggiornamento delle "Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine".

Le nuove Linee di indirizzo, che aggiornano quelle del 24 giugno 2010, sono passate al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità (Css) e prevedono il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico con le seguenti modalità:

  • fino a 63 giorni (pari a 9 settimane compiute) di età gestazionale;
  • presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all'ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital. 

In Italia la possibilità dell'aborto farmacologico era stata introdotta solo nel 2009 (in Francia nel 1988 e nel Regno Unito nel 1990), ma con una serie di ostacoli: con un limite di tempo ridotto (sette settimane) rispetto a quello indicato dal farmaco stesso e adottato dagli altri paesi d'Europa (nove settimane); e con una procedura che prevedeva il ricovero ordinario in ospedale di tre giorni.

Lo scorso 8 agosto il ministero aveva aggiornato le proprie linee di indirizzo, ferme da dieci anni, annullando l'obbligo di ricovero in ospedale, estendendo a nove settimane di età gestazionale la somministrazione del farmaco, e prevedendone la somministrazione in consultorio o in ambulatorio.

La Legge 194 non sancisce semplicemente il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza, ma si impegna (a livello statale e locale) per promuovere e sviluppare i servizi socio-sanitari legati alla pianificazione familiare e quindi anche all'Ivg.

Legge sull'aborto: le regioni che limitano la libertà

In Italia permangono disparità d'accesso all'interruzione di gravidanza, sia a livello locale che a livello regionale. Sulla base degli ultimi dati disponibili, relativi al 2018, emerge come il numero di ginecologi obiettori di coscienza continui ad aumentare. È inoltre venuto alla luce che nel 5% dei casi le donne si trovano a dover ricorrere all'interruzione di gravidanza in una regione diversa rispetto a quella in cui vivono. Senza contare che, stando a quanto evidenziato dal comitato della carta sociale europea, sono aumentate le interruzioni di gravidanza eseguite con una procedura d'emergenza.

L'organo del Consiglio d'Europa ha chiesto al governo l'accesso ai dati sugli aborti clandestini e sul numero di obiettori di coscienza tra i farmacisti e il personale dei centri di pianificazione familiare, nonché alle informazioni sull'impatto che tutto ciò ha sull'accesso effettivo per le donne all'interruzione di gravidanza.

La Regione Piemonte mette paletti sull'aborto farmacologico. A fine settembre la regione Piemonte, su iniziativa di un consigliere di Fratelli d'Italia e con il sostegno del presidente Alberto Cirio di Forza Italia, aveva diramato una circolare che mette in discussione le nuove modalità di accesso alla pillola abortiva RU486 nei consultori e finanzia e rafforza l'ingresso delle associazioni anti-abortiste negli ospedali pubblici. 

La Regione Abruzzo ha inviato una circolare alle Aziende sanitarie locali «affinché l'interruzione farmacologica di gravidanza con utilizzo di mefipristone e prostaglandine sia effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non presso i consultori familiari».

La circolare è stata firmata dall'assessora alla Sanità Nicoletta Verì (Lega) e dal Direttore generale della Sanità della Regione Abruzzo Claudio D'Amario.

A Matera la situazione non è rosea: dalla fine del 2020, l'unico medico non obiettore presente presso il consultorio dell'ASL non è più disponibiòe. Le donne che vogliono ricorrere all'interruzione di gravidanza non possono dunque più rivolgersi a questa struttura, bensì devono spostarsi nella provincia di Potenza. Ciò vale anche nel caso di aborto farmacologico, ovvero mediante assunzione della pillola RU486.

Passo avanti invece per il Lazio, che ha recepito le nuove linee guida per l'uso della pillola abortiva RU486 al di fuori dell'ospedale. Si tratta di "un esempio virtuoso a tutela dei diritti delle donne", come espresso dall'Associazione Luca Coscioni. E la speranza è che anche le altre regioni si adeguino agli indirizzi emanati dal ministro della Salute sull'interruzione di gravidanza con metodo farmacologico.

Una petizione intitolata "Aborto: le ostetriche per le donne" chiede che anche in Italia, come in altri Paesi europei quali Francia e Inghilterra, anche le ostetriche possano praticare l'interruzione volontaria di gravidanza, in particolare con metodo farmacologico.

In Nuova Zelanda arriva invece il congedo per lutto per aborto spontaneo.

Fonti articolo: salute.gov.it, Ansa, Adnkronos

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