In questo articolo
La fase 2 come ripartire
È un sogno, lo so. Anche se sembra reale. Mi accompagna ormai da tempo...È quell’emozione annidata nel mio petto che mi sveglia tutte le volte. Mi rannicchio su me stessa e resto ferma nel buio della notte, con gli occhi aperti, a pensare. Perché quel sogno mi sgomenta così tanto? Sono in una stanza. Forse in un hotel o a casa mia, non saprei…. non la riconosco. So solo che dinanzi a me, sul letto, c’è una valigia che devo riempire perché mi aspetta una partenza. Ma sono ferma, disorientata...la valigia è così grande! La finestra della camera è aperta e fuori avverto tanto fermento che mi mette ansia. C’è attività, quell’attività di chi sta per andar via, quel vociferare frizzantino, quel frastuono di auto e persone che non si ferma mai, quasi mi infastidisce. Ma avverto una forte energia che dall’esterno giunge fino a me. Ed io sono qui ma so che dovrei essere tra loro. C’è da qualche parte, lì fuori, il mio posto. Chiedo ad uno steward quanto manca alla partenza e mi consiglia di sbrigarmi poiché è prossima. Potrei farcela... Potrei lasciare tutto e andare. Cosa m’importa di portare con me gli abiti, gli effetti personali? Sono tutte cose inutili…ce ne saranno altre! Ma mentre penso, il tempo stringe. Qualcuno mi dice che una nave mi aspetta, o forse un treno...non so. Sono confusa, immobile e vado avanti e indietro nella stanza, tra il letto e l’armadio, so che non mi aspetteranno. Resto lì pensando che ho perso il mio momento, la mia partenza, la mia occasione. Mi sveglio e ad attendermi c’è tanto disorientamento, confusione e angoscia.
Ma stranamente, solo oggi, ho capito il senso di questo sogno. Il trauma è qualcosa di inatteso, che nessuno si aspetta. Il trauma ferisce l’anima.
Ha la forza di fermare il tempo, di legare le emozioni tra loro, di tenerle strette, annodate a quell’unica esperienza, ad un vissuto che prima non si conosceva. Il trauma sia di bassa entità sia più grave provoca comunque effetti a livello psicofisico. Mentre il primo, quale può essere un’umiliazione o delle controversie con figure significative durante l’infanzia, si colloca in una dimensione soggettivamente “tollerabile”; l’altro invece tende ad essere percepito in maniera più pressante poiché minaccia l’integrità fisica della propria persona e delle persone care. In quest’ultimo si annoverano abusi, maltrattamenti, incidenti, guerre, attacchi terroristici e disastri naturali (terremoti, alluvioni, incendi, pandemie, etc.) che determinano inevitabilmente la morte di persone in numero indefinibile nel caso di una catastrofe.
Si è a contatto diretto con la morte, con la paura. Nonostante ci sia una differenza abbastanza significativa tra gli eventi di bassa e alta entità, la reazione è molto soggettiva e tutto dipende dalla percezione e dalla capacità di elaborare il trauma e, nel caso, il lutto. Molti, infatti, necessitano di lungo tempo per superarlo, mentre altri tornano abbastanza velocemente alla vita normale.
Ma com’è possibile ritornare alla vita normale dopo la pandemia da Covid-19?
Sì, è vero. Il virus ha fermato tutto. Anche la vita di ogni singolo individuo determinando, di conseguenza, un trauma. Il trauma ha come effetto quello di interrompere una continuità tra l’esperienza passata e l’intenzionalità cioè il bisogno di andare avanti, la progettualità. Il sogno riportato rappresenta, a livello immaginativo, proprio l’interruzione, la paura che ciò che era stato progettato non possa più realizzarsi. Che quel viaggio preparato, sognato e programmato non potrà più concretizzarsi. È come se la vita si fosse fermata in quel punto restando in un tempo sospeso. Sospeso fino a quando? Non si sa, non si può sapere con certezza. Di certo qualcosa dentro è cambiata.
E l’angoscia che ne deriva è la manifestazione di un’energia bloccata.
Quello che verrà è assolutamente ignoto, cambierà il senso delle giornate e delle relazioni e l’angoscia richiama il vissuto di impotenza, di impossibilità di interferire con gli eventi. Il senso di “rottura” è tangibile. Ma non la progettualità che definisce le certezze! Mettere dei punti fermi, proporsi degli obiettivi futuri significa proseguire nella crescita, nell’evoluzione poiché la vita non è staticità ma progresso e dinamismo.
Il tempo ritrovato
In tutto questo di certo c’è qualcosa che bisogna lasciare nel passato, è necessario abbandonare il superfluo per portare avanti il percorso esistenziale. Costruire, cominciando anche solo dalla quotidianità, permette di riappropriarsi del proprio tempo, di crearlo. Quel tempo ritrovato permette di riflettere sulla priorità della vita, della salute, quella stessa che ha consentito di resistere in questo periodo di forzata quarantena. Certo, si ha paura di perdere il proprio mondo, e qualcuno lo ha davvero perso, e forse non tornerà più ad essere come era prima. Ma la memoria di questa esperienza consentirà di ri-costruire qualcosa che sembrerà essere lo stessa ma la stessa non sarà.
È quindi d’obbligo elaborare e lasciare spazio alla pulsione di vita: ciò che è accaduto fuori e dentro ognuno permetterà di recuperare la propria dignità, di riaffermare la propria potenza, la propria audacia e ri-definire il proprio percorso esistenziale da oggi, dall’immediato fino all’infinito futuro.
Risvegliare la propria parte sana, l’istinto vitale messo a dura prova dal virus, fermato sì, forse “spezzato” ma non bloccato!
È arrivata dunque l’ora di ripartire
Di pensare al prossimo viaggio lasciando a casa ciò che non serve più e ciò che semplicemente appesantisce una valigia troppo grande da trasportare. Dopo un periodo di disorientamento, di incertezze, di dubbi, di contatto diretto con l’ignoto si è più forti, più speranzosi e portare avanti quel viaggio è un dovere che restituisce dignità a chi resterà solo e sempre nella memoria.
È arrivato il momento di iniziare la fase di recupero. Cosa è possibile mettere in valigia e portarlo con noi. Cosa è veramente utile e cosa invece non serve più
Freud diceva che il sogno è la via regia per giungere all’inconscio. Ed è così…