Aborto spontaneo, consigli della psicologa
Quando una donna scopre di avere un'altra vita dentro di sé, tutto si tinge di nuovi colori, sfumature mai viste prima che invadono in modo meraviglioso la quotidianità di quella mamma e di quel papà che stanno per nascere insieme a quel bambino. Capita però che questo grande progetto di vita s'interrompa all'improvviso, facendo sprofondare la coppia, soprattutto la donna, nel buio più totale, in un nero ostile e doloroso in grado di nascondere tutti i colori scoperti da poco.
Queste le parole di una donna, sul forum di PianetaMamma, che ha vissuto un aborto spontaneo e che descrivono perfettamente cosa si prova quando una vita dentro di te finisce:
È un dolore intermittente, senza ricordi, senza un odore specifico, è un dolore d'immaginazione, un dolore di spinte, di un corpo che ti parla e tu che ti rammarichi perché non hai capito cosa stava dicendo. È qualcosa che potrebbe accadere domani ma oggi no, non è ancora il momento. Nel sud dell'Italia si dice donna abortita mezza incinta. Una consolazione a lutto senza un reale tepore che ti lascia chiedendoti quale metà di te sarà.
La donna è costretta a vivere in modo prepotente la dualità vita/morte. Una dualità che scopriamo spesso nel nostro cammino; basti pensare ad un amore che nasce e che poi muore, ad un lavoro che inizia e poi finisce, alla morte fisica di un nostro caro che ha condiviso con noi un pezzetto di strada ma poi ha cambiato direzione. Ma mai come nel caso di un aborto spontaneo questa dualità viene vissuta in modo così simultaneo e forte. Il vuoto fisico e mentale lasciato da questo evento è una prova difficile da affrontare per chiunque. Se ciò accade poi ad inizio gravidanza non esiste nemmeno un corpo da piangere o un rituale come il funerale da mettere in pratica per vivere in modo sano questo lutto, perché di vero e proprio lutto si parla.
Un lutto però che il mondo intorno cerca come di insabbiare, di non voler affrontare.
Frasi come “forse è stato meglio così, magari era malato” oppure “dai, tra un po' riproverete ad averne un altro” o peggio ancora un silenzio assordante che mira a far dimenticare il prima possibile ciò che è accaduto, non aiutano chi sta vivendo un momento così importante e difficile della propria vita. Spesso basta solo un forte abbraccio che scioglie un pianto liberatorio o uno sguardo lucido e fermo dritto negli occhi della persona che sta soffrendo per far comprendere l'empatia e la vicinanza.
Chi vive un'interruzione di gravidanza tende a chiedersi il perché di tutto ciò giungendo quasi sempre a colpevolizzarsi e a non trovare pace. Ma il vuoto che si è creato non deve essere considerato una punizione, non è colpa di nessuno: le colpe proprio non esistono! Esistono invece una mamma e un papà che hanno amorevolmente accolto una vita, che si sono messi in ascolto e si sono aperti e affidati alla creazione. Un vero atto di coraggio e amore incondizionato! E poi esiste un'anima che per chissà quali motivi ha deciso di non proseguire il suo cammino di vita. Una decisione che va, anche se dolorosamente, rispettata!
Essere genitori è proprio questo: accoglienza pura, senza se e senza ma di una nuova vita. Quando però accade un aborto spontaneo vuol dire che questa vita non era pronta. La donna e l'uomo in questione ne soffriranno, ma essendosi posti in accoglienza, dopo un primo momento di dolore e sconforto, dovranno comprendere che la vita ha progetti importanti per tutti, segnali da decifrare e capire, che tutto ciò che accade ha un profondo significato se ci mettiamo in autentico ascolto.
Il cammino di una donna e di un uomo che si trovano a dover affrontare un aborto spontaneo è doloroso, faticoso e difficile ma l'elaborazione di questo lutto può portare ad incredibili scoperte.
Ecco perché è fondamentale vivere questo cammino nel modo più sano e costruttivo possibile.
- Innanzitutto è importante prendersi del tempo per vivere il dolore, non negarlo ma lasciarsi invece trasportare da esso. Il dolore fisico e mentale, se lo permettiamo, può divenire una guida dalla forza inestimabile.
- Per vivere il dolore è necessario prendersi, per quanto possibile, il tempo fisico di cui si ha bisogno.
- È importante poi parlare delle proprie emozioni dopo un legittimo primo periodo di sano isolamento. Si può parlare con il partner, con un'amica, con uno psicologo ecc., deve essere una persona che ci dà fiducia, che ci comprende e ci conosce bene.
- In una situazione così delicata ( in realtà si dovrebbe fare sempre!), è bene allontanare o allontanarsi da persone o situazioni che ci creano malessere e preferire solo cose e relazioni che ci fanno stare bene.
- Io consiglio poi di fare un rito per facilitare l'elaborazione del lutto. Si può semplicemente scrivere una lettera al nostro piccolo e poi bruciarla: è bello pensare che le nostre parole arriveranno a lui e serviranno a noi per liberare le nostre emozioni. Ricordate che le emozioni esistono per essere liberate e se ciò non accade verranno imprigionate e accumulate in noi creando malessere fisico e mentale. Di riti ne esistono tantissimi, potete inventare voi quelli che sentite più vicini al vostro essere o chiedere ad ostetriche sensibili al tema di consigliarvene alcuni e magari di poterli fare insieme.
- Cambiate poi il modo di pensare a ciò che vi è accaduto: non ci sono vittime o colpevoli ma solo strade di vita che si sono incontrate, destini che dovevano incrociarsi per migliorarsi a vicenda e che magari s'incontreranno nuovamente in futuro: perché non credere a quei bambini che raccontano alle loro mamme:
Sai, sono stato due volte nella tua pancia. La prima volta non era il momento ma poi sono tornato!?
Auguro a tutti voi di risollevarvi dal dolore, di fidarvi ancora della vita e di rimettervi nuovamente in una situazione di accoglienza, qualunque essa sia ma più forte, consapevole e saggia di prima!
Buon cammino di vita!