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Maternità in affitto: una sentenza storica a Milano

di Monica De Chirico - 25.02.2014 Scrivici

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Un caso che potrebbe fare scuola sul tema delicato e controverso della "gravidanza surrogata", ovvero di mamma in affitto. Il Tribunale di Milano si pronuncia a favore di una coppia accusata di "alterazione di stato"

Una sentenza storica a Milano sul tema delicato e controverso della "gravidanza surrogata", ovvero di mamma in affitto per la gestazione del bambino. In un caso di fecondazione assistita di tipo eterologo e con maternità surrogata (utero in affitto) il Tribunale di Milano avrebbe escluso il reato di alterazione di stato qualora il neonato venga dichiarato figlio della donna per la quale è stata portata avanti la gravidanza, e non della partoriente o di chi ha donato l'ovulo fecondato. L'atto di nascita deve però essere formato validamente nel rispetto della legge del paese dove il bambino è nato.

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In sintesi il caso oggetto della sentenza, riportato sul sito Penale Contemporaneo: un uomo e una donna si rivolgono ad una clinica privata di Kiev in Ucraina  per ricorrere a una tecnica di procreazione medicalmente assistita - fecondazione eterologa e utero in affitto - che non può essere praticata in Italia. Le gravidanze in affitto infatti sono illegali nel nostro paese, ma lecite e regolarizzate altrove, in molte parti degli Stati Uniti ad esempio, oppure in Ucraina. Nel caso della coppia in oggetto, l'embrione in vitro con metà del patrimonio genetico del padre e l'altra metà proveniente da una donna ovo-donatrice viene impiantato nell'utero di una terza donna, maggiorenne e volontaria, che porta a termine la gravidanza. Dopo la nascita, la madre surrogata attesta in forma notarile l'inesistenza di qualsiasi relazione genetica con il bambino e presta il consenso all'indicazione degli imputati quali genitori. Come previsto dalla legge ucraina, nell'atto di nascita vengono indicati i due imputati come padre e madre del neonato. L'atto di nascita originale viene tradotto in lingua italiana e appostillato, cioè munito di un'annotazione che ne attesta sul piano internazionale l'autenticità.


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Tornando in Italia, gli imputati decidono di simulare nei confronti delle autorità italiane una gravidanza naturale. I documenti ufficiali per l'Ucraina insospettiscono il funzionario dell'ambasciata italiana da cui i due neo-genitori devono passare, dichiarando (falsamente) di aver appena partorito il bambino. Il funzionario si insospettisce e non crede alla versione della coppia, e segnala la vicenda alla procura di Milano. Vengono accusati di "alterazione di stato", ovvero di aver falsificato i documenti con cui al rientro da Kiev si attribuivano la paternità di un neonato partorito da un'altra donna. Un'accusa pesante per la quale si rischiano dai 5 ai 15 anni di carcere.

La quinta Sezione del Tribunale di Milano avrebbe assolto gli imputati ritenendo che, in questo caso, non si sia verificata alcuna alterazione di stato. Il reato previsto dall'art. 567 co. 2 c.p. si verifica quando, nella formazione dell'atto di nascita, si "altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità". Nel caso in esame, avrebbe affermato il Tribunale, l'atto di nascita è stato formato nel rispetto della legge del luogo dove il bambino è nato.

La coppia dovrà quindi rispondere dell'unico reato imputabile in sede civile: quello di aver dichiarato il falso in un primo momento a un pubblico ufficiale



Link di appronfondimento:

Penale Contemporaneo

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