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E' giusto privare i bambini della frustrazione?

di Emmanuella Ameruoso - 30.04.2015 Scrivici

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Come aiutare il bambino ad imparare a gestire il sentimento della frustrazione? Risponde la psicologa

Frustrazione nel bambino

E' giusto privare i bambini del sentimento della frustrazione?

La frustratio (dal latino delusione) deriva dalla mancata soddisfazione di un desiderio o di un bisogno.
Ogni singolo individuo manifesta a proprio modo lo sconforto nei confronti di qualcosa da cui non ha tratto appagamento. È la motivazione a spingerlo verso il raggiungimento di un obiettivo. Tra la prima e la seconda vi è una fase intermedia di attesa che prepara l’organismo psicofisiologicamente alla concretizzazione della propria aspirazione. Ma se ciò non succede, per via di un ostacolo, il fallimento che ne deriva produce un’emozione che definiremmo negativa.

Le reazioni naturalmente possono essere diverse. Tanto più elevata è la motivazione connessa al livello di soddisfazione che può produrre la mèta, tanto più ci sarà la possibilità di tollerare la frustrazione. Al contrario, un’umiliazione mal mitigata a lungo andare può suscitare delle risposte aggressive e l’energia rivolta verso l’oggetto che funge da impedimento, disinvestito, potrà essere spostata su di un altro elemento anche in modalità casuale, soprattutto se più situazioni si accumulano tra loro.

Ciò, naturalmente, è proporzionale al tipo di investimento che si è fatto e dal livello di frustrazione raggiunto.  Alcune volte l’incapacità a reagire, l’apatia o l’agitazione eccessiva diventano risposte comuni a chi invece non possiede le competenze specifiche di contenimento a queste circostanze.
Il sentimento della frustrazione nasce nei primi giorni di vita. Il neonato comincia a cogliere immediatamente la possibilità di soddisfare i suoi bisogni primari legati alla sopravvivenza ed utilizza proprio il pianto per farlo.

Una mamma scrive:

Mi chiamo Carla e sono una mamma di 22 anni. La mia bambina si chiama Sara e tra poco farà 6 mesi e sa soltanto piangere!! Io so che i bambini per comunicare piangono ma lei piange troppo!! Non piange solo per le cose "classiche" come fame sonno e cosi via.

È una lagna, piange per qualsiasi cosa per esempio piange se deve fare il ruttino, se la si mette nel box o sulla sdraietta o sul seggiolone, quando la si veste o quando le si pulisce la bocca dopo la pappa, piange nel seggiolino in auto e non posso prenderla in quel caso sarebbe pericoloso!! A volte piange anche quando è in braccio!! Cosa devo fare??? Mi aiuti la prego non so come fare sono Disperata!!!

Il pianto è lo strumento che il neonato utilizza sin dalla nascita per poter comunicare. All'inizio è istintivo mentre poi diviene un elemento per lui indispensabile per esprimersi, anzi, ci dovremmo preoccupare del contrario. Esistono pertanto diverse tipologie di pianti: per fame, per collera, per rifiuto, per dolore, per frustrazione.

Altri, invece, per auto consolarsi: per esempio al sopraggiungere della sera, dopo averlo cambiato ed accudito. Molti sono sensibili al ritmo circadiano notte/giorno o viceversa. Per cui, può capitare che se non coccolato scoppi in un pianto senza fine.

Bisognerebbe cercare di capire nello specifico il motivo del suo pianto e se è finalizzato a ricevere attenzioni, occorrerebbe abituarlo a saper attendere.

Infatti, come tutti gli altri sentimenti, la frustrazione, nella giusta dose, ha un compito ben preciso e può educare il soggetto a rispondere adeguatamente alle richieste ambientali e relazionali: può spronare allo sviluppo dell’intelligenza e produrre nel soggetto un incentivo all’apprendimento e alla ricerca di nuove soluzioni (problem solving).

Nei bambini, la soddisfazione immediata dei bisogni (un giocattolo, una merendina, un ausilio per la risoluzione di un compito difficile) ha sicuramente una componente di gratificazione sia sul piano personale che affettivo, ma non produce un beneficio poiché, a lungo andare, tende a divenire una modalità comportamentale di risposta, insomma..una pretesa.

Crescendo ogni singolo soggetto dovrà affrontare un insieme di sfide orientate al raggiungimento degli obiettivi, soprattutto scolastici e relazionali, e per chi è abituato a soddisfarli nell’immediatezza, non percepirà in maniera sana le frustrazioni che potranno derivare dalle varie situazioni di vita e soprattutto a difendersi dalle stesse, come per esempio in un conflitto con un compagno o in situazioni di prepotenza nelle quali dovrà imparare ad imporsi.

 

Distinguere i propri limiti ed capire come andare oltre gli stessi è un buon modo per incanalare il soggetto ad un uso costruttivo della delusione o dell’insuccesso.

Ma come?

  1. Il primo passo è saper dire di no ad alcune loro richieste: è importante dirlo! I bambini tendono a voler soddisfare un’infinità di capricci e se comprendono che, usando una semplice strategia, riescono ad ottenere tutto, ne faranno sempre uso. E qui il circolo vizioso s’innesca.
  2. Spiegare il motivo per cui viene negata una richiesta. È rilevante per loro conoscere il senso del no, poiché li aiuta a ragionare sulle emozioni (su ciò che stanno provando in quel momento) e sulle situazioni e contesti nei quali formulano la loro pretesa.
  3. Far percepire loro la frustrazione li porta a distinguere i propri e gli altrui limiti sia dal punto di vista relazionale sia da quello affettivo.
  4. Li fa ragionare sulla concreta esigenza del loro reclamo (per es. un gelato) quindi se ha senso continuare a esplicitarlo o meno. Molti dei disturbi alimentari nascono proprio in queste fasi delicate.
  5. Li induce a considerare altre modalità per soddisfare un reale bisogno oppure comprendere che si tratti effettivamente di un capriccio.
  6. Imparano così a canalizzare l’aggressività, a tollerarla e a gestirla.
  7. Afferrano il significato di una disillusione (un compito andato male), sviluppando il senso della sfida (“la prossima volta farò meglio”).
  8. Comprendono l’esistenza delle regole genitoriali, per esempio gli orari del pranzo, il momento dello studio o del gioco, e le accettano. In questo modo la crescita è soddisfatta attraverso un’educazione equilibrata che mira alla selezione dei bisogni da soddisfare.

È giusto non privare i bambini del sentimento della frustrazione poiché imparano da soli a tutelarsi in maniera intelligente dalle situazioni più difficili senza ricorrere a qualcuno che possa farlo al loro posto, comprendendo altresì il significato della gratificazione e del successo ponendosi di fronte alle difficoltà che dovranno superare senza farsi scoraggiare al primo ostacolo.

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