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Se io mangio, mangi anche tu...

di Emmanuella Ameruoso - 17.03.2015 Scrivici

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La presenza di un pregresso o attuale disturbo del comportamento alimentare nella mamma può avere conseguenze sul proprio figlio?

Disturbi alimentari della mamma

Recenti studi hanno preso in considerazione la relazione tra madre e bambino in soggetti con disturbi di natura psichica valutando sostanzialmente quale tipo di effetti hanno questi ultimi sui propri pargoli.

Soffermandoci essenzialmente sui disagi di tipo alimentare, si è constatato che la nutrizione dei bambini e degli adolescenti diviene difficoltosa poiché fortemente condizionata, sul piano comportamentale, dal vissuto materno: la codifica reciproca dei segnali trasmessi, in termini di bisogni ed emozioni, viene filtrata attraverso la patologia.

Durante la gravidanza il corpo della donna cambia, si trasforma, spesso si deforma ed è difficile, qualche volta, accettare questa nuova immagine di sé, soprattutto se, di fondo, sussiste un‘alterazione del comportamento nutrizionale specifico: sul piano fisiologico la produzione di particolari neurotrasmettitori, come ad esempio i livelli di dopamina, producono nel nuovo nascituro delle esigenze similari a quelle materne. Il corpo è il primo “strumento” di comunicazione nelle relazioni primarie e diviene fondamentale, in seguito, in quelle interpersonali.

Alla nascita assume un significato prioritario nella diade madre- bambino poiché permette il contatto tra i due soprattutto durante l’allattamento. Quando il piccolo piange, infatti, viene istintivamente preso in braccio e ciò lo rassicura poiché si sente “accudito”. Il calore generato dalla vicinanza fisica trasmette calma e lo tranquillizza. Impara, così, a riconoscere l’odore della pelle di chi si prende cura di lui.

Il corpo è un elemento di forte risonanza anche sul piano dell’alimentazione: una donna con tendenza a controllare il proprio peso condizionerà fortemente il vissuto del bambino durante la crescita. La dispercezione corporea porterà ad una attenzione eccessiva nei confronti dei chili di troppo o a seguire una dieta priva di alimenti importanti per lo sviluppo. È proprio durante le fasi di stress che i “sintomi residui” di un disturbo pregresso riemergeranno andando a ricadere nei comportamenti di restrizione e di compensazione tipico di tale patologia.

Anche l’allattamento diviene difficoltoso data la tendenza a ridurre il numero di poppate o al contrario ad aumentarle poiché la donna non interpreta adeguatamente i bisogni e le necessità del piccolo: il pianto può essere interpretato come “fame” o come bisogno di accudimento. In tal caso, la conferma rispetto alla propria manchevolezza è evidente. Alla nascita, e nei primi mesi di vita, i figli di donne anoressiche o bulimiche hanno un peso ed un’altezza ridotti rispetto alla media (Conti et al., 1998): queste mamme hanno una minor tendenza ad allattare al seno il figlio, a nutrirlo regolarmente o a consumare assieme i pasti (Waugh & Bulik, 1999); risultano più intrusive e usano il cibo per scopi non specificamente alimentari esprimendo commenti decisamente negativi su di loro.

Come affrontare i disturbi alimentari dei bambini. Il video

Accudire i bambini, in questo frangente, diviene difficile sia a livello cognitivo che emotivo poiché interpretare i loro messaggi sotto forma di pianti o capricci è una fonte di notevole stress per la mamma, la quale tenderà ad esasperare il controllo aumentando il cibo o, al contrario, negandolo del tutto o delegherà a qualcun altro il proprio ruolo. Il continuum di emozioni contrastanti e contraddittorie saranno di difficile interpretazione per il bambino poiché non imparerà adeguatamente a riconoscere i propri bisogni e a soddisfarli. Una mamma che ha affrontato una problematica relativa al disturbo dell’alimentazione, non ha difficoltà a riconoscerla nel caso in cui dovesse riemergere, per questo, sarebbe indicato farsi sostenere da figure professionali specifiche in modo da poter agevolare il suo compito e favorire un giusto processo di sviluppo nel bambino.

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