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Ti racconto una fiaba: La scatola dei bottoni

di Monica De Chirico - 25.06.2013 Scrivici

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Anche questa settimana Pianetamamma e "Ti racconto una fiaba" vi propongono una nuova favola. Tra quelle delle utenti è stata scelta "La scatola dei bottoni" di Mara Menino

Ti racconto una fiaba e Pianeta Mamma continuano la collaborazione per dare visibilità ai racconti scritti dalle utenti di questo bellissimo sito dedicato al magico mondo delle favole. La fiaba scelta di questa settimana dalla Redazione di Ti Racconto una fiaba è "La scatola dei bottoni" di Mara Menino.

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C'era una volta una scatola...che strana storia, direte voi, cosa mai si potrà raccontare su di una scatola? Eppure questa di storie da raccontare ne aveva tante, una diversa dall'altra, perché non era solo una scatola semplice e vuota, ma era una scatola di bottoni. Per tanti anni aveva abitato in quella casa, era riposta sul mobiletto di legno accanto alla macchina da cucire che la nonna usava per svolgere il suo lavoro di sarta. Era una scatola verde, di cartone, semplice, ma con all'interno un cuore fatto di tanti bottoni, di ogni dimensione e colore, sempre pronti ad essere usati all'occorrenza.

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Erano felici i bottoni, in quella casa stavano bene, la sarta li trattava con gentilezza ed era solita attaccarli su bellissimi abiti, fatti di tessuti pregiati, sopra ai quali era un piacere accoccolarsi; erano sempre curiosi di scoprire dove sarebbero andati, in quali case, con quali persone avrebbero abitato e quali avventure avrebbero vissuto. Ognuno di loro aveva la sua storia, chi era stato un bottone di alta moda ed aveva vissuto anni nel mondo delle sfilate e dei personaggi famosi, chi invece era stato un bottone di un camice di un dottore ed aveva assistito i malati, chi era stato un bottone sulla camicia di un contadino e aveva vissuto in campagna in mezzo alla natura. Sta di fatto che, adesso, tutti erano riposti nella scatola della nonna in attesa di partire per un nuovo viaggio. Nella casa della sarta c'era sempre una bambina, era la sua nipotina e spesso, mentre la nonna cuciva in giardino per prendere un po' di sole, si sedeva per terra ed incominciava a tirare fuori i bottoni per inventare qualche nuovo gioco. Li disponeva in fila e poi faceva una sorta di gara di velocità tirandoli uno alla volta sempre più lontano; come si divertiva, mentre il cagnolino la guardava con sospetto sperando che uno dei suoi bottoni non le arrivasse sul muso.

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Anche la scatola, ai piedi della nonna, li guardava giocare per ore e fine giornata qualcuno di loro si lamentava per essere stato strapazzato per l'intero pomeriggio "Ohi, ohi povero me! Mi sento a pezzi!" diceva spesso un vecchio bottone blu lucido un po' grossetto "Sono stufo di essere il gioco di questa bimba, quando verrò attaccato su qualche bell'abito in modo da poter andarmene un po' in giro? " "Non disperare" rispondeva allora la scatola "Verrà anche il tuo turno e così poi potrai raccontare il tuo nuovo viaggio".

Un pomeriggio come tanti, mentre la nonna e la nipotina erano sedute come al solito in giardino e la scatola riposava ai loro piedi guardando i bottoni che correvano, arrivò la mamma della piccola che si sedette lì con loro. Incominciarono a parlare e ad un tratto la nonna mise la mano nella scatola, cercò bene, e dopo aver scansato vari bottoni che si facevano in quattro per essere presi, ne tirò fuori uno rosa, non tanto grande ed un po' malandato, con una specie di ricamo a trecce dorate disegnate al centro. "Oh! Ha preso Rosina!" esclamò il solito bottone blu e tutti si misero a guardarla. Rosina era un bottone vecchio, se ne stava sempre in un angolo della scatola quasi nascosta e parlava pochissimo; erano tanti anni che ormai non adornava vestiti e la nonna la teneva come una reliquia. Rosina era stato il bottone sulla maglietta che la nonna indossava sempre quando era una bambina ed insieme condividevano tantissimi ricordi. Quel pomeriggio, per la prima volta, Rosina si mise a parlare ricordando un lontano giorno in cui, ai tempi della guerra, un ufficiale tedesco aveva bussato alla porta della loro casa.

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Me lo ricordo ancora come fosse ieri, che paura Anna ed io, la sentivo tremare attraverso la maglia sopra la quale vivevo a quell'epoca..era una bella maglietta di cotone rosa ed eravamo inseparabili. Comunque, come vi dicevo, quel giorno Anna stava giocando in cucina, era una bambina ma già abbastanza grande per capire che non era una vita normale quella di allora: c'erano le bombe, c'erano i tedeschi che occupavano il territorio, insomma c'era la guerra. Rosina volgeva il suo sguardo al cielo come se stesse rivedendo le immagini dell'epoca e tutti i bottoni erano in silenzio ad ascoltare le sue parole. Vivevamo in una casetta con un piccolo giardino davanti; dalla cucina dove eravamo solite giocare, si vedevano i campi che si stendevano attorno e che speravamo di non vedere rovinati sotto a qualche bomba. Anna quel pomeriggio stava vestendo la sua bambola preferita ed io guardavo quella buffa gonna che le stava infilando e che non mi piaceva per niente. La sua mamma vicino a noi, stava cucendo il vestito di un vicino, quando ad un tratto, bussarono alla porta. Anna continuò a giocare, ma io attraverso la finestra avevo visto passare il berretto di un ufficiale tedesco.

Li conoscevo ormai, perché quando ci capitava di andare in giro ce n'erano parecchi! Sentì la mamma dire che c'era aria di guai e riconobbi un lampo di paura nei suoi occhi, perché quando uno di quei berretti veniva a casa tua, non sapevi cosa sarebbe potuto succedere. Anna si infilò allora dietro alla sua mamma ed andammo ad aprire; l'ufficiale si presentò, era alto, con gli occhi di vetro, ma lo sguardo non sembrava cattivo come quello degli altri suoi compagni. Dalla sua uniforme spuntava una serie di bottoni spavaldi, seri, che non si scomposero e non mi degnarono di uno sguardo. Attorno alla vita portava un cinturone dal quale alla sua destra, pendeva una pistola. Che paura ci fece! Anna si nascondeva dietro la sua mamma ed io sfregavo la faccia contro il vestito, ma ogni tanto riuscivo ad intravedere cosa stava accadendo.

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L'ufficiale voleva farsi aggiustare la giacca della sua divisa. Povera me! Quei bottoni sarebbero rimasti a casa nostra! Si sfilò il cinturone e lo appoggiò delicatamente sul tavolino lì vicino, poi fece vedere alla mamma dove si era scucita la giacca e lei si mise subito al lavoro. Intanto Anna guardava quell'uomo alto e le faceva paura, non riusciva quasi a muoversi e anch'io non sapevo dove volgere lo sguardo, quando ad un tratto, vidi comparire sul suo volto l'ombra di un sorriso..Incredibile! Le ostilità stavano forse cessando?

Dall'altra stanza sentivo quei bottoni perfidi lamentarsi perché venivano sbatacchiati di qua e di là per poter aggiustare la giacca e un po' mi divertivo perché finalmente qualcuno stava dando loro una lezione..La mamma terminò in fretta di cucire e consegnò il tutto all'ufficiale che dopo averla ringraziata, si congedò e se ne andò dalla nostra casa facendoci tirare un sospiro di sollievo. Anna a quel punto tornò dalla sua bambola e per qualche giorno tutto continuò come prima fino a quando non ricomparve alla porta di nuovo lui. Aveva con sé una coperta, era una coperta militare e ce la regalò. Disse che era per la bambina..

Restammo tutte incredule davanti a quel gesto poiché nessuno dei tedeschi allora si sarebbe sognato di comportarsi così con noi, eppure lui lo fece, lui fu gentile e ricambiò il lavoro della mamma con una coperta per la sua bimba ... Rosina aveva gli occhi lucidi per l'emozione ed i bottoni attorno a lei erano rimasti affascinati dal suo racconto. "Che storia..che avventura.." disse sospirando il bottone blu che era rimasto anche lui in silenzio fino a quel momento. Anche la scatola era impressionata e pensava a quante altre cose aveva visto Rosina durante la guerra insieme ad Anna. Erano cresciute insieme lei e la bambina, fino a quando Anna ormai donna, non riuscì più ad infilarsi la maglietta rosa e mise Rosina nella scatola tenendola sempre con lei e raccontando alla sua famiglia le storie che avevano vissuto.

Quindi, come vi dicevo, anche una semplice scatola può avere la sua storia e nella scatola sul mobile di legno di racconti ce n'erano tanti da ascoltare, narrati da tanti bottoni, ma Rosina era un bottone speciale perché era per la nonna la sua macchina del tempo
 

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