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L’epilessia nell'infanzia

di Isabella Ricci - 08.02.2016 Scrivici

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L’epilessia è una modalità aspecifica di reazione dell’encefalo e si osserva con maggior facilità nei bambini, in quanto il loro Sistema Nervoso Centrale è ancora immaturo e pertanto più tendente a questo tipo di fenomeno

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Epilessia nei bambini

L’epilessia è una modalità aspecifica di reazione dell’encefalo, che consiste in una scarica improvvisa e massiva di alcuni gruppi di neuroni e che comporta sintomi motori, sensitivi e a carico dello stato di coscienza. Tale reazione è potenzialmente possibile in tutti i soggetti e si osserva con maggior facilità nei bambini, in quanto il loro Sistema Nervoso Centrale è ancora immaturo e pertanto più tendente a questo tipo di fenomeno. La prevalenza è dell’0.5% nella popolazione generale ed il fenomeno esordisce nell’80% dei casi entro la giovinezza, tra i quali il 33% entro i primi 5 anni di vita.

Abbiamo diversi tipi di classificazioni dell’epilessia; la più nota è la distinzione in base all’origine cerebrale delle crisi, che le suddivide in crisi generalizzate e crisi focali: le prime nascono da una scarica nel centro dell’encefalo (sostanza reticolare troncoencefalica) e da qui si diffondono a tutto il cervello tramite il corpo calloso (l’area che connette i due emisferi), determinando l’immediata perdita di coscienza; invece le crisi focali o parziali originano in una determinata regione dell’encefalo e la scarica generalmente rimane confinata nell’area di origine, come nel caso dell’epilessia del lobo temporale. In questo caso non vi è perdita di coscienza, ma restringimento del campo di coscienza: è il caso di quelle epilessie, come quella jacksoniana, in cui i pazienti “assistono” alle proprie crisi, talvolta sperimentando fenomeni come deja-vu o stati oniroidi. Nel caso in cui invece una scarica focale si generalizza al resto dell’encefalo si parla di generalizzazione secondaria.

Relativamente alle origini si fa una classificazione tra epilessie idiopatiche, che insorgono cioè senza che vi sia una chiara corrispondenza con una lesione organica, epilessie sintomatiche, che sono invece conseguenza di un danno encefalico ed epilessie criptogenetiche, in cui c’è stata una lesione, ma non è più riscontrabile attraverso gli esami clinici, pertanto la causa del fenomeno è ignota.



A livello dell’eziopatogenesi è stato dimostrato che il neurotrasmettitore GABA ha un ruolo molto importante nell’epilessia focale: la mancata inibizione post-sinaptica di questo neurotrasmettitore è ritenuta la causa delle crisi parziali; infatti molti farmaci anticonvulsivi agiscono con meccanismi che potenziano l’inibizione GABA-mediata. Ancora la causa può essere una lesione cerebrale, come abbiamo visto sopra, un’ischemia alla nascita, asfissie perinatali ed è stata riscontrata anche una forte componente genetica, specie nelle epilessie idiopatiche.

Epilessia, diagnosi

A livello di diagnosi differenziale è importante distinguere l’epilessia dagli altri fenomeni convulsivi non epilettici che sono comuni in infanzia, come le convulsioni febbrili: esse possono provocare la momentanea perdita di coscienza, l’irrigidimento tonico e le scosse generalizzate (tonie e clonie). L’elettroencefalogramma o EEG, una tecnica diagnostica assolutamente non invasiva, è ciò che consente una diagnosi differenziale sicura. Il tracciato dei soggetti epilettici presenta infatti delle onde particolari, che i medici sono in grado di riconoscere e di distinguere da altre simili, come quelle del sonnambulismo o degli stati febbrili.

Epilessia, prognosi

A livello di prognosi quasi tutte le epilessie idiopatiche parziali si rimettono in adolescenza. Quelle generalizzate possono essere ben controllate farmacologicamente, anche se alla sospensione dei farmaci è difficile che non vi sia nessuna ricaduta. Un’epilessia si considera guarita dopo diversi anni di assenza di convulsioni senza farmaci. Invece le epilessie sintomatiche, quelle conseguenti ad una patologia strutturale dell’encefalo, non hanno buona prognosi e i farmaci devono essere sempre assunti. In ogni caso, se un bambino segue correttamente la terapia farmacologica non c’è motivo per cui debba precludersi attività, come il nuoto o sentirsi “diverso” dai suoi coetanei.

Epilessia, terapie

Esistono alcune terapie alternative, usate soprattutto per le epilessie idiopatiche, curate spesso senza farmaci perché a buona prognosi, come ad esempio la dieta chetogena, cioè una dieta, che si inizia dopo i 5-6 anni, e che prima prevede il digiuno e poi cibi ad alto contenuto di grassi e poche proteine e carboidrati; essa avrebbe  effetti anticonvulsivo, ma è sconsigliato protrarla troppo a lungo in quanto non è una dieta equilibrata.

Si è scoperto che in alcuni soggetti il latte di mucca ha potere convulsivante.

La sospensione del latte e derivati si è rivelata positiva in casi di epilessie criptogenetiche. In ogni caso la diagnosi e la terapia farmacologica devono essere sempre fatte da un medico neuropsichiatra presso strutture accreditate. Le epilessie sono molte e diverse e la terapia è assolutamente individualizzata per ciascun soggetto in base al problema specifico. Seguire scrupolosamente la terapia prescritta è sicuramente un modo per facilitare un’evoluzione prognostica favorevole del problema e un modo per consentire al bambino di vivere normalmente e senza paura come tutti i suoi coetanei, preservandolo dalla stigmatizzazione sociale che purtroppo il fenomeno dell’epilessia molto spesso produce a causa delle sue manifestazioni spesso impressionanti.

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