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Tutti i diritti della maternità

di Akira Di Paola - 12.05.2016 Scrivici

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I diritti della maternità devono essere conosciuti dalle donne perché possano farsi rispettare sul lavoro e nella società

In questo articolo

Maternità diritti

La donna ha in sé un grande dono, può dare la vita, ma nonostante il suo ruolo fondamentale per il genere umano spesso viene discriminata e nell’ambito lavorativo può essere, ancora oggi, vittima di ingiustizie. E’ necessario conosce i propri diritti della maternità per farli valere.

Diritto di essere madre

Il diritto a riconoscere il proprio bambino senza intermediari (ad esempio i propri genitori) inizia all’età di sedici anni. Una ragazza a partire da questa età, se è separata o nubile, dà il suo cognome al figlio.

E’ importante sapere che un diritto della madre è anche quello di non riconoscere il proprio figlio. Partorire in anonimato è, quindi, un diritto della donna che può dare alla luce il proprio bambino in ospedale, in tutta sicurezza, comunicando la decisione di non riconoscere il bambino che potrà essere adottato.

Maternità diritti della lavoratrice

L’articolo 37 della Costituzione Italiana tutela la maternità mettendo in evidenza il difficile equilibrio tra lavoro, maternità e vita familiare. Nel 2000 a Nizza venne riconosciuto il diritto fondamentale di conciliazione tra vita professionale e vita familiare nella Carta europea dei diritti fondamentali.

Oltre alla tutela della maternità e della paternità è evidenziata la tutela del lavoro e del lavoro di cura nei confronti dei figli e dei familiari bisognosi. Il divieto di licenziamento in gravidanza comincia dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Dal momento che la donna è a conoscenza di questo diritto può farlo valere se al momento del licenziamento non era al corrente di aspettare un figlio, se usufruiva di un periodo di prova e può dimostrare di essere stata licenziata per questo, o nei licenziamenti collettivi. La madre ha il diritto di ripristinare il rapporto di lavoro e per far valere i suoi diritti deve rivolgersi a un rappresentante sindacale o ad un legale.

Dopo aver portato al datore di lavoro il certificato di gravidanza, la donna ha il diritto di essere spostata di mansione se il lavoro è insalubre, faticoso e nocivo alla madre e al feto e può mettere a rischio la gravidanza.

Se il clima e l’ambiente lavorativo non è consono ad una gestante, rivolgendosi all’Ispettorato del lavoro, la madre ha il diritto di essere trasferita ad altra mansione nel corso della gravidanza e durante i sette mesi dopo il parto. La donna che allatta ha il diritto di mantenere un lavoro sano senza rischio di contaminazioni.

Congedo di maternità

La donna in gravidanza ha il diritto e l’obbligo di astenersi dal lavoro per cinque mesi. Due mesi prima del parto e tre mesi dopo (astensione obbligatoria).

Se vuole però, ha anche il diritto di posticipare di un mese l’astensione lavorativa per stare quattro mesi con il piccolo dopo il parto.

Per questa opzione, definita “flessibilità”, la donna deve presentare entro la fine dei sette mesi di gestazione, un certificato rilasciato da un medico della ASL che certifichi che non sussistono problemi alla continuità lavorativa. Il suddetto certificato poi, deve essere portato al datore di lavoro.

Oggi esistono numerosi tipi di contratto di lavoro, l’indennità di maternità viene riconosciuta

  • alle lavoratrici dipendenti
  • alle lavoratrici parasubordinate iscritte alla Gestione separata
  • alle lavoratrici autonome
  • alle libere professioniste.

Durante questa astensione obbligatoria alla madre verrà elargita un’indennità sostitutiva alla retribuzione pari all’80% della retribuzione media.

La donna in gravidanza che presenta problemi di salute prima dei due mesi di astensione obbligatoria ha il diritto di usufruire del congedo obbligatorio anticipato. Basta segnalare la situazione di criticità all’Ispettorato del lavoro.

Se si verifica un parto prematuro la donna potrà usufruire dei giorni non goduti prima del parto nel periodo di astensione obbligatoria post-parto.

In questo caso occorre presentare il certificato di assistenza al parto entro trenta giorni dalla nascita del piccolo.

Se si verifica un’interruzione di gravidanza prima del 180° giorno di gravidanza, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal lavoro per l'intero periodo di congedo di maternità salvo che lei stessa non decida di tornare a lavoro.

Per le lavoratrici autonome l’indennità verrà corrisposta anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi

Dopo la nascita, al rientro al lavoro, la madre ha il diritto di usufruire dei permessi giornalieri per accudire il figlio, due ore al giorno se il lavoro è a tempo pieno, un'ora se il lavoro si svolge in sei ore. Questo durante tutto il primo anno di vita del bambino.

In caso di parto gemellare le ore di permesso retribuito vanno raddoppiate e le ore possono essere riconosciute anche al padre che può usarle anche quando la madre è in assenza facoltativa.

Il congedo parentale (facoltativo) compete ai genitori naturali entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi. Il congedo preso entro i primi 12 anni di età del bambino per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di 6 mesi viene retribuito con un importo pari al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile.

Infine, è stata introdotta la possibilità di frazionare ad ore la fruizione del congedo parentale. I genitori lavoratori dipendenti, in assenza di contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, possono fruire del congedo parentale su base oraria in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

  • Per approfondire:  INPS

Diritto alla privacy

La donna ha il diritto a non essere discriminata in sede di assunzione, non le deve essere richiesto nessun test di gravidanza e nessuna domanda invadente ai fini di sapere se desidera o meno dei figli. Inoltre quando deve presentare il certificato di assistenza al parto al datore di lavoro può far cancellare i dati riguardanti la sua salute e al tipo di parto a cui è stata sottoposta risparmiando solo la data di nascita del piccolo e i dati di riconoscimento della madre.

Anche l’INPS è tenuta alla privacy, avvalendosi solo dei dati utili all’espletamento delle sue mansioni.

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