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Come diventare ostetrica: ce lo racconta una che ce l'ha fatta

di Redazione PianetaMamma - 23.03.2012 Scrivici

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Violeta, l'ostetrica di Pianeta Mamma, ci racconta il suo percorso per diventare ostetrica

Mi chiamo Violeta, con una T perchè sono di origini argentine. La mia carriera scolastica è stata molto burrascosa e anche all'università non poteva smentirsi. Per il primo corso di studi presi il libretto delle facoltà vicine e scelsi quella che secondo me era la meno peggio: biologia molecolare. Ci restai parcheggiata per 4 anni, gli ultimi 2 senza riuscire a dare un esame. Una sera mi venne in mente che forse non riuscivo più studiare perchè non era quello che volevo fare. E come d'incanto mi venne un flash... Ostetricia (LEGGI).

Manco sapevo cosa facessero ma mi piacque l'idea e iniziai a cercare in rete informazioni. Andai all'università di Pisa dove la allora direttrice del corso mi liquidò dicendo che “meglio fare l'infermiere, si trova più facilmente lavoro e non è così tragico come l'ostetricia dove si vedono cose brutte”. Al tempo frequentavo un ragazzo di V. e un giorno che persi il treno della domenica e decisi di usare il mattino del lunedì saggiamente andando a parlare con la direttrice del corso della cittadina. Nell'attesa trovai una ragazza argentina che come me proveniva dalla solita regione di Cordoba...non poteva che essere un segno più che positivo. Passai il concorso senza problemi e iniziai a frequentare i corsi e tirocinio.


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Fortunatamente nel mio percorso ho incontrato delle ostetriche in gamba e anche delle educatrici che mi hanno aperto un mondo. Come disse un frate che ho conosciuto “la qualità della propria vita dipende dalla qualità dei tuoi incontri” e credo che possa tradursi anche “la qualità di quello che impari dipende dalla qualità delle ostetriche che trovi”. Duole dirlo ma quello che una ostetrica impara dipende molto da come è gestito il reparto e da com'è l'ostetrica che segue lo studente. All'università di V. il primo anno il tirocinio è poco, le prime 4 settimane si imparano le cose di base come l'igiene, rifare i letti e finiamo nei più svariati reparti e io finii dentro medicina interna. Il secondo tirocinio, non mi ricordo più se durava 1 o 2 mesi, era in uno dei reparti materno infantili e con altre 3 compagne finimmo in ostetricia sotto la stessa ostetrica. L'essere in 20 in classe e nel primo anno poter andare solo in 3 reparti (ostetricia, ginecologia e nido, bandita la sala parto e la patologia ostetrica) porta a non avere l'esclusiva di una sola ostetrica. Per tutta la durata del tirocinio ci avevano diviso per stanze, io avevo quella dove spesso venivano ricoverate le donne che avevano avuto un parto con taglio cesareo. Ero seguita da Martina che è molto carina e ci teneva al benessere delle donne, all'allattamento (LEGGI) e anche alla nostra autonomia! (per la mia fortuna!!)


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Durante il secondo anno si dovevano fare 6 tirocini, uno per ogni reparto dell'area materno infantile, in ginecologia, ostetricia, nido, patologia neonatale, ambulatorio/consultorio e la sala operatoria. In ginecologia fui assegnata a una infermiera che per quel periodo doveva occuparsi dell'igiene e della mobilizzazione delle pazienti, imparai veramente poco della “ginecologia” ma ho imparato quanto possa tirare su una donna il solo fatto di poter raggiungere il bagno per pettinarsi e lavarsi dopo una operazione devastante. Per il nido finii in un ospedale amico del bambino... Peccato che le infermiere e le puericultrici erano poco amiche delle ostetriche, nessuna che mi ha chiesto cosa sapessi dell'allattamento e anzi una mi chiese “ma lo puoi lavare un bambino”?

La sala operatoria era governata da una despota e solo chi aveva in simpatia poteva imparare qualcosa. In 4 settimane mi sono “lavata e cambiata” 2 volte e solo per guardare più da vicino il tavolo operatorio. La sala operatoria è inglobata nella sala parto e allora ho potuto constatare che quel ambiente non mi piaceva molto, era molto ostile per il tipo di carattere che ho e sapevo già che non ci sarei stata molto bene.
La patologia neonatale è stato un sogno ad occhi aperti. Era la prima volta che mi trovavo immersa in un contesto dove le infermiere erano molto ma molto carine, con i bambini ma anche con noi ed erano disposte a regalarci il loro tempo per insegnarci quello che ci serviva. E ho visto quanto amore regalavano ad ogni bambino che doveva stare lontano dalla sua mamma.
L'ambulatorio...brrr Eravamo in due a essere state assegnate alla stessa ostetrica, la mia compagna iniziò qualche giorno prima di me e si ritrovò da sola a dover sistemare i sensori per un tracciato cardiotocografico e non sapendolo fare beccò la prima persona utile, una studentessa del terzo anno! Fortuna che avremmo dovuto imparare a fare i paptest, seguire le gravidanze e altre cose da consultorio!
In ostetricia finii ancora con Martina che mi diede quasi campo libero, erano passati due anni, avevo più esperienza ed è stato ancora più bello.



Il terzo anno è dedicato alla sala parto, alla patologia ostetrica e alla sala operatoria per strumentare i tagli cesarei. Le ostetriche in caso di urgenza devono saper assistere il ginecologo passandogli gli strumenti. Dal momento che era obbligatorio fare almeno 3 settimane di tirocinio nella sala parto dell'ospedale universitario scelsi il primo -così me lo toglievo di mezzo- dopo di che me ne andai a P. dove c'è un ospedale molto più “amico della mamma e del bambino”. In quelle tre settimane credo di aver assistito qualche secondamento (la fuoriuscita della placenta), manco un “sostegno del perineo” (LEGGI) e pochissime visite ostetriche.

A P. il reparto è misto, la ginecologia e l'ostetricia sono mescolate e le ostetriche fanno i turni sia in uno che nell'altro reparto. Ero seguita da Roberta ma quando lei era in ginecologia e c'era una nascita potevo andare ad assistere e nessuna ostetrica si rifiutava di seguire le studentesse. Una delle prime notti eravamo in due studentesse, una per ostetrica, e io ero di ginecologia. Quella sera nacquero due bambini, il primo lo assitette la mia compagna e il secondo toccò a me. Non avevo mai messo una mano da nessuna parte, mai disimpegnato una spalla, mai nulla di nulla. Daria che era la prima volta che mi vedeva non era per nulla preoccupata, provai a dirle nell'orecchio che non sapevo che cavolo fare e lei suggeriva ogni tanto qualcosa. Le membrane erano ancora integre e così restarono fino alla fine. Io aspettavo e mi ricordo che ho fatto proprio poco, forse il disimpegno delle spalle e togliere le membrane dalla faccia. Nacque Leonardo che per me resta il palombaro, almeno è questa l'immagine che mi è rimasta in mente: la testa dentro un palloncino pieno di acqua che si gira e rigira e poi ne esce fuori rosa e senza rughe, contenta e tranquilla. Quello che mi colpì rispetto alla breve esperienza nell'altro ospedale è che qua le ostetriche si fidavano. Non credo tanto di me quanto delle loro competenze ostetriche e di quello che sa fare una donna, ovver saper far nascere il loro bambino! Una brava ostetrica sa valutare una nascita naturale (LEGGI) e quindi sa lasciare lo spazio a chi deve ancora imparare questo.


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Ho accolto 30 bambini con la mia ostetrica dietro ma posso dire di averli accolti io, alcuni nati in acqua (LEGGI), altri sullo sgabello. Ho fatto solo 3 episiotomie e ogni volta Roberta mi diceva “sai che a me proprio non piace ma qua mi sa che è proprio necessario”.
Essendoci anche la ginecologia ho imparato molto anche là fortunatamente altrimenti mi sarebbe rimasto una grande mancanza.
Per laurearsi si devono assistere 40 nascite quindi me ne mancavano ancora 10 e son dovuta tornare agli inizi. Non è stato facile trovare una ostetrica che mi seguisse, una mi rispose “Coscenziosamente preferirei che chiedessi a una ostetrica più anziana” quindi andai verso quelle più “esperte”. Così arrabbattandomi riuscii a completare questi 10 parti. 
Oltre agli studi e al tirocinio prima di laurearmi, e anche dopo, ho fatto un bel po' di corsi di formazione sull'allattamento, sul massaggio al neonato, sui corsi di accompagnamento alla nascita... corsi che mi hanno arricchita come donna e come ostetrica. E continuerò a farne sia perchè non si smette di imparare sia perchè fortunatamente esiste una legge in Italia che obbliga i professionisti sanitari a continuare ad aggiornarsi, a imparare cose nuove ogni anno per poter essere sempre all'altezza e poter offrire la miglior assistenza alle donne e ai loro figli.
...di come sono nata ostetrica...

Ovviamente questa è la mia storia e credo che ci siano tante altre storie diverse, più o meno belle di altre ostetriche. Spero che possa aiutarvi a capire cosa sia una ostetrica, quale sia il percorso che compie per diventarlo. Cambia leggermente in base all'università ma alla fine si devono accogliere al mondo 40 bambini, assistere come strumentiste 10 tagli cesarei, fare 3 episiotomie e 3 episiorrafie (cucire l'episiotomia) e fare tirocinio in tutti i reparti che hanno a che fare con le donne (ostetricia, ginecologia, patologia della gravidanza, nido, patologia neonatale, sala parto, sala operatoria, consultorio).

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