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Lavoro: continuare a svolgerlo in gravidanza?

di Beatrice Spinelli - 23.03.2009 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Quando si scopre di aspettare un bambino ci si trova davanti a numerosi interrogativi su come gestire i propri impegni, il proprio lavoro e la gravidanza

LAVORO E GRAVIDANZA - Nella società moderna la donna sempre più spesso è chiamata a svolgere il triplice ruolo di lavoratrice, moglie e madre. Così quando si scopre di aspettare un bambino spesso ci si trova davanti a numerosi interrogativi su come gestire i propri impegni, il proprio lavoro e la gravidanza.

In condizioni normali la lavoratrice può continuare a lavorare fino al settimo mese di gravidanza: una donna che porta avanti una gravidanza serena e priva di complicazioni può sicuramente continuare a svolgere il proprio lavoro, a meno che l’attività lavorativa in questione o l’ambiente di lavoro non rappresentino un rischio per la salute della mamma e del feto. In questo caso la legge italiana tutela la lavoratrice in dolce attesa offrendole la possibilità di chiedere di svolgere un’altra mansione o di usufruire del congedo di maternità anticipato, durante il quale la donna ha diritto a ricevere l’intera retribuzione.

C’è da dire che una donna in gravidanza è più sensibile nei confronti dei rischi presenti negli ambienti di lavoro, e tali rischi, se presenti, possono determinare conseguenze negative per la salute della madre e del nascituro. Perciò per scegliere se continuare a lavorare fino al settimo mese o chiedere il congedo anticipato un fattore determinante è rappresentato proprio dalla tipologia di lavoro che la futura mamma svolge. I lavori considerati pericolosi in gravidanza sono tutti quelli che includono:

  •   attività stressanti con turni notturni;

  • attività in cui sia necessario sollevare dei pesi o mantenere una postura eretta per molte ore;

  •  attività svolte in luoghi con temperature sfavorevoli (caldo o freddo eccessivi o entrambi);

  • attività soggetti a vibrazioni continue (ad esempio se si lavora sui mezzi di trasporto);

  • attività in cui la gestante è esposta a sostanze chimiche dannose, radiazioni ionizzanti o agenti biologici.

Per decidere se continuare a lavorare fino al settimo mese o usufruire della maternità anticipata, la futura mamma deve quindi tenere in considerazione l’ambiente di lavoro e stabilire se risulta appropriato ai fini della gravidanza o può rappresentare un pericolo per sé e per il bambino.

Nel caso in cui l’attività in questione pregiudichi la salute della mamma o del bambino o in generale venga considerata rischiosa ai fini della gravidanza, in alternativa al congedo di maternità anticipato, la lavoratrice può chiedere di svolgere un’altra mansione.
Al contrario, se la gravidanza procede senza problemi né complicazioni e il lavoro non è rischioso e non comporta particolari fatiche e stress, la futura mamma può tranquillamente continuare a svolgere l’attività lavorativa fino a otto settimane prima della data presunta del parto, magari programmando una riduzione progressiva delle ore di lavoro parallelamente all’avanzare della gravidanza. La parola d’ordine per coniugare al meglio attività lavorativa e gravidanza è infatti “moderazione”; bisogna cercare di evitare tutti quei comportamenti che possono mettere a repentaglio la propria salute e quella del bambino.

È indispensabile anzitutto adattare i proprio ritmi abituali alla nuova condizione riducendo il carico di lavoro e cercando, se possibile, di delegare ad altri i compiti particolarmente gravosi.

È consigliabile fare delle pause frequenti, cambiare spesso posizione ed evitare di stare troppo in piedi e in generale cercare di non affaticarsi perché in tal caso potrebbe determinarsi una riduzione dell’afflusso di sangue necessario per il benessere del feto.

Un altro fattore che la futura mamma deve tenere sotto controllo nel suo ambito lavorativo è lo stress, che può costituire un pericolo per la gravidanza. È importante evitare lo stress o quantomeno cercare di ridurlo perché, secondo i dati emersi da numerose ricerche, alti livelli di cortisolo, l’ormone responsabile dello stress, possono essere associati a un maggiore rischio di aborto spontaneo e di parto prematuro

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