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Il racconto e le accuse di Valentina, abbandonata in bagno ad abortire

di Monica De Chirico - 11.03.2014 Scrivici

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Valentina, affetta da una malattia genetica, si ritrova ad abortire da sola, al quinto mese di gravidanza, nel bagno di un ospedale. Racconta la sua storia a Repubblica e lancia accuse pesanti allo Stato italiano

Valentina, affetta da una malattia genetica, si ritrova ad abortire da sola, al quinto mese di gravidanza, nel bagno di un ospedale. Ha raccontato la sua storia a Repubblica e lancia accuse pesanti allo Stato italiano.

Valentina ha 28 anni e soffre di una malattia genetica trasmissibile rara e terribile, ma in teoria potrebbe avere figli, quindi per lei non è prevista l'accesso alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto.


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"A me questa legge ingiusta concede solo di rimanere incinta e scoprire, come poi è avvenuto, che la bambina che aspettavo era malata, condannata. Lasciandomi libera di scegliere di abortire, al quinto mese: praticamente un parto" - dice Valentina che continua il suo racconto spiegando quanto è stato difficile trovare un medico non obiettore di coscienza per abortire, visto che il piccolo che portava in grembo non era sano.

Riesce dopo vari tentativi ad avere da una ginecologa del Sandro Pertini il foglio del ricovero, dopo due giorni, però, perché soltanto lei non è obiettore. Le danno una terapia per indure il parto, che le causa dolori lancinanti: conati di vomito, svenimento. Il marito che le sta accanto chiede aiuto a medici e infermieri, ma senza risultato e Valentina si trova a partorire nel bagno dell'ospedale senza nessuno accanto, solo Fabrizio, il marito. La ragazza si dice che forse era cambiato il turno e c'erano solo medici obiettori.


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Valentina ora è seguita da un avvocato, che avrebbe parlato di omissione di soccorso, e accusa lo Stato dicendo " Il responsabile è lo Stato che non garantisce un servizio sanitario adeguato. Nel Lazio quasi tutti i ginecologi sono obiettori. Pensate la desolazione che troppi devono vivere, obbligati a implorare per un ricovero, per abortire, come me, un figlio desiderato". E sulla legge 40 dice di essersi rivolta all'associazione Coscioni e di aver fatto ricorso perchè chi soffre di malattie genetiche possa accedere alla fecondazione assistita, alla diagnosi pre-impianto, in modo da evitare l'aborto al quinto mese.

Una notizia che fa riflettere, che pone l'accento sui dei temi molto importanti, che da tempo dividono le coscienze, e sui quali spesso l'Europa ha bocciato l'atteggiamento e le decisioni del nostro Paese

Fonte Credits| Repubblica

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